tag:blogger.com,1999:blog-64183905167288815022024-03-04T23:11:19.319-08:00 Psicologia Pescara A cura della dott.ssa Angela D'Addario Psicologa PsicoterapeutaDr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.comBlogger29125tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-2146471738205945612018-05-27T10:41:00.001-07:002018-05-27T10:41:30.922-07:00"Non fuggite da chi soffre, potreste incontrare un angelo." <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<h4 style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-weight: normal;"><span style="color: #444444; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">Intervento magistrale di Eugenio Borgna, da ascoltare con attenzione.<br /><span style="background-color: #fafafa; text-align: start; white-space: pre-wrap;">Eugenio Borgna (Borgomanero, 22 luglio 1930) è uno psichiatra italiano.</span><span style="background-color: #fafafa; text-align: start; white-space: pre-wrap;">È stato libero docente alla "Clinica delle malattie nervose e mentali" dell'Università degli Studi di Milano[1] ed è primario emerito di psichiatria dell'Ospedale Maggiore di Novara. È autore di numerosi saggi, sia specialistici che divulgativi.<span style="font-size: 14px;"><br /></span></span> </span></span></h4>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/1jkPzULKyK4/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/1jkPzULKyK4?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-57638631702959012432017-05-27T20:15:00.000-07:002017-05-28T09:07:32.904-07:00Perchè non dovremmo ignorare la serie TV "Tredici"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtnmCvnscAj-oOJ3DOEtJhVntjm5J7IawBW13q1OSfeKbak7_CbzSrvHQ4ohG263E3UtHXsEFyC2JZWysKXRVwENiUbGTJPxVVFdCBGj9Jtk4s7pZIsI9Gx53lECHL30TGIi7EtPYg2QCb/s1600/65603_ppl.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="644" height="355" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtnmCvnscAj-oOJ3DOEtJhVntjm5J7IawBW13q1OSfeKbak7_CbzSrvHQ4ohG263E3UtHXsEFyC2JZWysKXRVwENiUbGTJPxVVFdCBGj9Jtk4s7pZIsI9Gx53lECHL30TGIi7EtPYg2QCb/s640/65603_ppl.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
La serie TV <i>“Thirteen Reasons Why”</i> disponibile su Netflix, il cui titolo, in italiano, è stato tradotto semplicemente con “<b>Tredici</b>”, ha recentemente scatenato un <b>acceso dibattito</b>, sfociato in un numero crescente di <a href="http://www.abc.net.au/news/2017-04-18/netflix-series-13-reasons-why-prompts-mental-health-concerns/8450176">telefonate ai servizi di consulenza</a> da parte di persone preoccupate che la scena del suicidio potesse rappresentare un pericolo per gli adolescenti vulnerabili. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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Alcuni si sono lamentati perché il suicidio è stato rappresentato in modo troppo semplicistico come il risultato di una connessione di <a href="http://www.mamamia.com.au/13-reasons-why-mental-health/">causa-ed-effetto</a>. Altri hanno preferito considerarlo uno <a href="http://www.smh.com.au/comment/what-i-learnt-from-watching-13-reasons-why-with-my-teenage-son-20170424-gvr3na.html">strumento educativo e un veicolo per aprire un dialogo</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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Certamente, la serie suscita dei timori, come nella scena della rappresentazione esplicita del suicidio nell’ultimo episodio. Ma, nel complesso, la storia di Hannah, studentessa liceale che si è tolta la vita e ha lasciato 13 nastri dove ha spiegato il motivo di questo suo gesto, introduce molti argomenti realistici e attinenti all’universo adolescenziale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La serie TV mostra una combinazione di comportamenti che associano problemi di salute mentale a una serie di condotte che hanno dato prova di poter influenzare la salute mentale di una persona giovane. Vi rientrano l’esclusione sociale, i pettegolezzi e le insinuazioni, il <a href="http://ro.ecu.edu.au/ecuworks2012/378/">bullismo</a>, i <a href="https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-016-3314-4">comportamenti sessuali deplorevoli</a>, l’alcol e l’abuso di sostanze, la <a href="https://minerva-access.unimelb.edu.au/handle/11343/58760">guida in stato di ebbrezza</a> e la <a href="http://www.publish.csiro.au/sh/SH14215">violenza sessuale</a>.</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwEcFOXR4CSRroCAOtMBA4-MsgegdsJ8I_FyZ1H-IIn5OB2DRctOo2_3kMr1lzEo_M9sGAEBZLNbISU_fRMjorWLk5doQpjZpGkoQPyLvAyUUBt6Vdk4J3SqDmWmBp3jktqPMhOS_mQcpO/s1600/1490959096_9788804677147_0_0_1558_80.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1558" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwEcFOXR4CSRroCAOtMBA4-MsgegdsJ8I_FyZ1H-IIn5OB2DRctOo2_3kMr1lzEo_M9sGAEBZLNbISU_fRMjorWLk5doQpjZpGkoQPyLvAyUUBt6Vdk4J3SqDmWmBp3jktqPMhOS_mQcpO/s320/1490959096_9788804677147_0_0_1558_80.jpg" width="205" /></a></div>
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<div style="text-align: justify;">
La storia narra un groviglio di vicende di vita quotidiana: rapporti tra pari, amicizie, identità sessuale, dinamiche familiari, social media e, soprattutto, ambiente scolastico.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le reazioni degli amici al suicidio di Hannah e la loro risposta alla sua descrizione del loro comportamento offre anche l’opportunità di discutere della diversità con la quale le persone si rapportano fra di loro e di come reagiscano gli uni agli altri.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Questioni sulle rappresentazioni televisive del suicidio</b></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Sicuramente <b>i media dovrebbero usare cautela quando scelgono di ritrarre il suicidio</b>. La ricerca dimostra che rappresentare una modalità di suicidio e/o esaltare l’azione può, in alcuni casi, provocare un aumento considerevole di atti estremi. Tuttavia, <a href="http://econpapers.repec.org/article/eeesocmed/v_3a180_3ay_3a2017_3ai_3ac_3ap_3a152-159.htm">i ricercatori suggeriscono</a> anche che di solito esistono complicate problematiche di fondo associate alle ondate di suicidi (quando in una comunità avvengono una serie di suicidi per emulazione) [ndt: ‘Effetto Werther’].</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dimostrare il collegamento tra l’esposizione mediatica e il conseguente suicidio non è semplice, mentre <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15843330">la prova dell’impatto della rappresentazione televisiva del suicidio</a> non è altrettanto forte come accade con un vero suicidio nella vita reale.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
In Australia [ndt: l’autrice dell’articolo è australiana] i media seguono delle <a href="http://www.mindframe-media.info/home/resource-downloads/?a=10217">linee guida come quelle messe a punto da <i>Mindframe</i></a>. Queste riconoscono l’<b>importanza di aumentare la consapevolezza del suicidio e dei comportamenti suicidari, ma richiamando alla prudenza nella rappresentazione del metodo</b>.</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9zDs3oAEmh0bwm-DyCjcnk3NnrR4R4H2FoHblbXATqpn9eHDbf7ch7NLqUJtFBnmvfadXSOFVI4vRmBTQ3bQZnttfadwbKkxXj90JIA7aBYS0qaLyda-De3r1J1pBLED7S09HFWsKTN8i/s1600/file-20170428-15117-9uih5v.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="967" data-original-width="1450" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9zDs3oAEmh0bwm-DyCjcnk3NnrR4R4H2FoHblbXATqpn9eHDbf7ch7NLqUJtFBnmvfadXSOFVI4vRmBTQ3bQZnttfadwbKkxXj90JIA7aBYS0qaLyda-De3r1J1pBLED7S09HFWsKTN8i/s640/file-20170428-15117-9uih5v.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
In Australia, fiction televisive e film che mostrano il suicidio e si occupano di altri problemi di salute mentale forniscono, alla fine del programma, tutte le <b>informazioni su dove cercare aiuto</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Anche se Netflix forniva tali informazioni <a href="http://www.13reasonswhy.info/#aus">sul suo sito web</a> e un episodio supplementare che affrontava le questioni sollevate e le opzioni per chiedere aiuto, al termine di ogni episodio non forniva i dettagli su come cercare aiuto.</div>
<br />
<b>L’importanza della sensibilizzazione</b><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>È importante aumentare la consapevolezza e parlare di questioni di salute mentale, e certamente la serie “Tredici” è diventata un argomento di conversazione fra gli adolescenti. Ma parlarne non basta. Operatori sanitari e professionisti della formazione, così come i genitori, hanno bisogno di competenze per rispondere in modo adeguato a queste conversazioni.</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Poiché la serie pone l’accento soprattutto sulla scuola, è importante che il personale scolastico – soprattutto il personale del servizio sanitario e gli insegnanti – si sentano sicuri nell’affrontare i problemi di salute mentale e le loro conseguenze. Questo non significa che <u>gli insegnanti</u> debbano diventare dei <i>counsellor</i>; ma che <u>hanno bisogno di risorse e sostegno per consentire discussioni efficaci riguardo a tali questioni con gli adolescenti più grandi</u>.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Sebbene alcuni potrebbero sentirsi a proprio agio a discutere di questi temi, degli studi rivelano l’esistenza di una <a href="http://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/14681811.2015.1019665">serie di argomenti</a>, come relazioni, identità di genere, bullismo e salute mentale, che possono essere difficili da affrontare/impegnativi e per i quali molti insegnanti hanno <a href="http://apo.org.au/files/Resource/sexeducationinaustsecondaryschools2010-1-5-2011.pdf">poca o nessuna formazione professionale</a>.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>Cercare aiuto</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Anche il personale scolastico ha bisogno di <b>servizi accessibili a cui indirizzare gli studenti in caso di necessità</b>. La possibilità di avvicinarsi a infermieri scolastici, psicologi e guide spirituali <a href="https://espace.curtin.edu.au/handle/20.500.11937/998">varia notevolmente</a> da scuola a scuola. Cambia anche l’accesso ai servizi di salute mentale della comunità. In alcune aree esistono servizi specifici che soddisfano le esigenze dei giovani LGBTI o delle minoranze linguistiche o culturali. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Benchè accedere ad aiuti in caso di problemi di salute mentale sia riconosciuto come <a href="https://www.mja.com.au/journal/2007/187/7/when-and-how-do-young-people-seek-professional-help-mental-health-problems">fattore protettivo</a>, non sempre ci si riesce. Gli atteggiamenti stigmatizzanti nei confronti dei problemi di salute mentale in Australia stanno migliorando, <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22417929">ma sono ancora evidenti</a>.</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQfVPVUDdg9WUfLxnxr_TgRa4QOmNdBLqbIZ1WinGv7OkJCfd-8ObEjsYwXoPTXavnOAbeBpxPdziUTMH7TP54rzD6N6Ft8yHHiEDz5ZN24IzciC9DjkLLWtTyaobzXUSF-zgH7SQ-B934/s1600/13RW_101_00656R-kjyB-U43300581776201d0G-1224x916%2540Corriere-Web-Sezioni-593x443.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="443" data-original-width="593" height="478" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQfVPVUDdg9WUfLxnxr_TgRa4QOmNdBLqbIZ1WinGv7OkJCfd-8ObEjsYwXoPTXavnOAbeBpxPdziUTMH7TP54rzD6N6Ft8yHHiEDz5ZN24IzciC9DjkLLWtTyaobzXUSF-zgH7SQ-B934/s640/13RW_101_00656R-kjyB-U43300581776201d0G-1224x916%2540Corriere-Web-Sezioni-593x443.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Sappiamo anche che i ragazzi hanno meno probabilità di chiedere aiuto qualora la considerassero una scelta impopolare, e che possono essere influenzati da esperienze precedenti. Nella serie “Tredici”, Hannah ha cercato aiuto dal <i>counsellor</i> della sua scuola, ma i suoi sforzi sono stati ignorati. Il sig. Porter avrebbe potuto inviarla da uno specialista o dedicare più tempo nell’ascoltarla.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I giovani potrebbero <a href="https://www.mja.com.au/journal/2007/187/7/when-and-how-do-young-people-seek-professional-help-mental-health-problems">esitare a chiedere aiuto</a> anche qualora fossero convinti di potercela fare da soli. Quelli con pensieri suicidi sono <a href="https://www.mja.com.au/journal/2007/187/7/when-and-how-do-young-people-seek-professional-help-mental-health-problems">meno propensi a cercare aiuto</a>, pertanto si teme che essi possano accostarsi a programmi come “Tredici” come un'ulteriore validazione dei propri pensieri suicidari. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>È importante <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11059991">migliorare l’alfabetizzazione sanitaria</a> in modo che i giovani siano in grado di <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16403031">riconoscere i segni di un problema</a> e di poter cercare aiuto in sicurezza e tranquillità. È anche importante che amici, familiari e le altre figure di riferimento che ruotano intorno all’adolescente imparino a riconoscere i segnali premonitori e incoraggino i ragazzi in difficoltà a cercare aiuto.</b></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>Tra questi segnali ci <a href="https://www.headspace.org.au/">potrebbero essere</a> il ritiro da attività generalmente piacevoli, disturbi del sonno o dell’appetito, l’essere insolitamente instabili, arrabbiati, stressati o ansiosi, la partecipazione a comportamenti rischiosi che di solito si evitano e l’espressione di pensieri negativi.</b></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Se, come nel caso di Hannah con il <i>counsellor</i>, non si è ricevuto un aiuto significativo, occorre cercare altrove. Si dovrebbe agire prima possibile sui problemi e ci si dovrebbe focalizzare sulla prevenzione di esiti negativi. Come nella serie “Tredici”, troppo spesso gli interventi vengono eseguiti solo dopo che si è verificata una crisi. Occorre dare importanza ai programmi di prevenzione che considerano la complessità della salute mentale e includano strategie che si concentrano sull'ambiente e sul più ampio sistema di valori.</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b>Dovresti guardarlo?</b></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Netflix suggerisce la visione di “Tredici” ai ragazzi con <a href="https://www.netflix.com/it-en/title/80117470"><b>un’età superiore ai 15 anni</b></a> (MA15 +) [in Italia è VM 14] e l’<a href="http://www.classificationoffice.govt.nz/find-ratings/new-zealands-classification-labels.html">Ufficio di classificazione della Nuova Zelanda</a> ha recentemente valutato il programma come RP18 (adatto ai soli maggiorenni). <b>I genitori preoccupati possono guardare il programma con i loro figli adolescenti e discutere con loro dei problemi salienti.</b><br />
<br />
Tradotto e adattato da: <a href="https://theconversation.com/why-we-shouldnt-ignore-what-13-reasons-why-is-trying-to-tell-us-76800">The Conversation</a></div>
<br />
<br />
<hr />
<pre style="background: white; text-align: center;"><span style="color: #212121; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 12.0pt;"><b>Alcune <i>help-line</i> in Italia dove chiedere aiuto se si hanno pensieri suicidari </b></span></pre>
<pre style="background: white; text-align: center;"><span style="color: #212121; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 12.0pt;"><b>o si è preoccupati per qualcuno:</b><o:p></o:p></span></pre>
<pre style="background: white;"><span style="color: #212121; font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 12.0pt;"> </span></pre>
<div align="center" style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
<span style="color: #212121;">Una delle più importanti
help-line dedicate alla <a href="http://www.prevenireilsuicidio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=37&Itemid=232">prevenzione del suicidio</a> è quella creata all’interno
dell’U.O.C. di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, <o:p></o:p></span></div>
<div align="center" style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
<strong><span style="border: 1pt none; font-family: "verdana" , sans-serif; padding: 0cm;">Linea PARLA CON NOI
<a href="https://www.ospedalesantandrea.it/index.php/menu-approfondimenti/parlano-gli-specialisti/658-sps-servizio-prevenzione-suicidio">063377.77.40</a></span></strong><span style="color: #595959; font-family: "lucida sans unicode" , "sans-serif"; font-size: 8.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="center" style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
<strong><span style="border: 1pt none; font-family: "verdana" , sans-serif; padding: 0cm;">(dal lunedì al venerdì: dalle
ore 9.30 alle ore 16.30)<o:p></o:p></span></strong></div>
<div align="center" style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="center" style="background: white; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center;">
***<br />
<br />
<a class="_58cn" data-ft="{"tn":"*N","type":104}" href="https://www.facebook.com/hashtag/adessoparloio?source=feed_text&story_id=191206124734883" style="color: #365899; cursor: pointer; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px; text-align: start; text-decoration-line: none;"><span class="_5afx" style="direction: ltr; font-family: inherit;"><span aria-label="hashtag" class="_58cl _5afz" style="color: #4267b2; font-family: inherit; unicode-bidi: isolate;">#</span><span class="_58cm" style="font-family: inherit;">adessoparloio</span></span></a><span style="color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;"> </span><br />
<span style="color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; text-align: start;"><span style="font-size: 14px;"> è la chat di </span><b><span style="font-size: large;">WhatsApp 3482574166</span></b><span style="font-size: 14px;">, creata per rispondere al bisogno dei ragazzi vittime di bullismo, cresce per offrire un aiuto concreto e qualificato a giovani e famiglie. Nasce dalla collaborazione tra </span><b style="font-size: 14px;"><a href="http://www.casapediatrica.it/dove-siamo/">Casa Pediatrica ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano</a></b><span style="font-size: 14px;">, </span><b style="font-size: 14px;"><a href="http://www.adolescienza.it/comunicati-stampa/fermiamolabalena-la-chat-che-risponde-a-ragazzi-e-famiglie/">Osservatorio Nazionale Adolescenza</a></b><span style="font-size: 14px;"> e </span><b style="font-size: 14px;"><a href="http://www.pepita.it/">Pepita Onlus</a></b><span style="font-size: 14px;"> focalizzando l’attenzione su una corretta informazione e su una risposta professionale dedicata. L’obiettivo è rimettere ordine: riportare al centro il valore educativo del dialogo e accogliere le paure dei ragazzi, ma anche rassicurare gli adulti affinché riacquistino il loro ruolo guida senza demonizzare la Rete. </span></span><br />
<span style="color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;"><a href="http://www.adolescienza.it/wp-content/uploads/2017/05/fermiamolabalena-un-vademecum-per-fermare-lultimo-fenomeno-della-Rete.pdf">Comunicato in formato PDF.</a></span><br />
<br />
***</div>
<h2 align="center" style="background: #FCFCFC; line-height: 22.65pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="border: 1pt none; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 12pt; padding: 0cm;">Numero verde della <a href="http://www.deleofund.org/">De Leo Fund</a></span><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 12.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">, </span></strong></h2>
<h2 align="center" style="background: #FCFCFC; line-height: 22.65pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 12.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">una Onlus che
dal 2007 si occupa di portare un </span></strong></h2>
<h2 align="center" style="background: #FCFCFC; line-height: 22.65pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 12.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">aiuto concreto alle persone che hanno subito
eventi luttuosi di carattere traumatico:
</span></strong><strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 12.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;"><o:p></o:p></span></strong></h2>
<h2 align="center" style="background: #FCFCFC; line-height: 22.65pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">Chiama il numero verde</span></strong><span class="apple-converted-space"><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; padding: 0cm;"> </span></span><span style="border: none 1.0pt; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; padding: 0cm;">800 – 168 678</span><span style="color: #161922; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 14.0pt; font-weight: normal;"><br /></span><strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">disponibili da Lunedì a Venerdì</span></strong><span style="color: #161922; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 14.0pt; font-weight: normal;"><br />
</span><strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; font-weight: normal; padding: 0cm;">dalle 9.00
alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00</span></strong><strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; padding: 0cm;"><o:p></o:p></span></strong></h2>
<h2 align="center" style="background: #FCFCFC; line-height: 22.65pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<strong><span style="border: none 1.0pt; color: #161922; font-family: "inherit" , "serif"; font-size: 14.0pt; padding: 0cm;">*** </span></strong></h2>
<div align="center" style="line-height: 18.0pt; text-align: center;">
<span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;"><b><a href="http://www.telefonoamico.it/">Telefono Amico Italia</a></b><span class="apple-converted-space" style="font-weight: bold;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div align="center" style="line-height: 18.0pt; text-align: center;">
<strong><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">risponde
365 giorni all’anno</span></strong><span class="apple-converted-space"><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;"> </span></span><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">attraverso
i suoi 700<span class="apple-converted-space"> </span></span><a href="http://www.telefonoamico.it/page.php?content=8"><span style="color: #003399; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">volontari</span><span class="apple-converted-space"><span style="color: #003399; font-family: "arial" , sans-serif; font-size: 10.5pt;"> </span></span></a><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">che
operano in<span class="apple-converted-space"> </span></span><a href="http://www.telefonoamico.it/page.php?content=4"><span style="color: #003399; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">20 centri sul territorio
nazionale</span></a><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">. Il servizio è attivo in tutta Italia<span class="apple-converted-space"> </span><strong>dalle
ore 10.00 alle 24.00</strong>. </span><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 9.5pt;">numero unico </span><b><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 18.0pt;">199.284.284</span></b><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 18.0pt; text-align: justify;">
<em><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">“Se sei in difficoltà,
hai bisogno di aiuto perché stai vivendo un momento di particolare disagio e
senti la necessità di parlarne con qualcuno, ma non sai con chi, puoi
rivolgerti a noi. Troverai sempre un volontario pronto ad ascoltare le tue
paure, le angosce, i dubbi e le ansie, senza giudicarle.”</span></em><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 18.0pt; text-align: justify;">
<em><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;">“Esprimere il disagio
può essere una strada utile per poter scoprire dentro di te la fiducia e le
risorse necessarie per affrontare ogni problema. Ricordati, non sei solo: se
vuoi parlarne, noi ti ascoltiamo.”</span></em><span style="color: #38495a; font-family: "arial" , "sans-serif"; font-size: 10.5pt;"><o:p></o:p></span><br />
<div style="text-align: center;">
<span style="background-color: white; color: #212121; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="background-color: white; color: #212121; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">***</span><br />
<a name='more'></a></div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<b><span style="font-size: large;">Importante: </span></b></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #9fc5e8; color: red;">Se una persona esprime pensieri suicidari, questi non vanno considerati una semplice richiesta di attenzione. Discutere di suicidio non accentua l’intento suicidario, invece, parlarne apertamente può prevenirlo. Occorre non sottovalutare i pensieri suicidari e incoraggiare la persona a cercare aiuto. Le “Linee guida per la prevenzione del suicidio (<a href="https://www.researchgate.net/publication/261025584_General_Guidelines_on_Suicide_Prevention_EUREGENAS_project">Euregenas, General Guidelines on Suicide Prevention</a>) sottolineano come la maggior parte delle vittime di suicidio aveva comunicato prima i propri pensieri. </span></div>
<div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: none; padding: 0cm 0cm 1pt;">
<pre style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; border: none; padding: 0cm;"></pre>
</div>
<div style="text-align: center;">
****</div>
<div style="text-align: justify;">
Esiste una petizione lanciata da un ragazzo italiano su <a href="https://www.change.org/p/proporre-la-visione-della-serie-tv-tredici-nelle-scuole-superiori">change.org</a> per richiedere la visione obbligatoria di 13 Reasons Why in tutte le scuole.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: x-small;">“Con questa petizione chiedo che venga resa obbligatoria, nella sua interezza o in versione ridotta, la serie TV Tredici, in lingua originale 13 Reasons Why” scrive nella spazio riservato alla descrizione della petizione. “La sua visione dovrebbe essere infatti resa obbligatoria in un ambiente scolastico sano, che promuove la lotta contro il bullismo e la violenza.”</span></div>
<div class="MsoNormal">
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-26832368385575732052017-05-15T06:42:00.002-07:002017-05-22T07:13:08.952-07:00Quale migliore definizione dei disturbi mentali potrebbe aiutare la diagnosi e il trattamento?<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4jJy6X_k_dW-DaowWSWa3-yqTJN70ibQ4Z1bPzCahuSMjJAGjmGE89dEtagDmpJ4RADS-qCWQcLG0IKl0IcyZ519ecLClink01rNzpcovBeMpBZwOurk2ztc1qqror0p75Au7gufwQ0br/s1600/nik-shuliahin-251237.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="416" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4jJy6X_k_dW-DaowWSWa3-yqTJN70ibQ4Z1bPzCahuSMjJAGjmGE89dEtagDmpJ4RADS-qCWQcLG0IKl0IcyZ519ecLClink01rNzpcovBeMpBZwOurk2ztc1qqror0p75Au7gufwQ0br/s640/nik-shuliahin-251237.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
I disturbi mentali sono attualmente definiti sulla base del <a href="http://dsm.psychiatryonline.org/doi/book/10.1176/appi.books.9780890425596">Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), in cui compare un elenco di centinaia di categorie diagnostiche distinte</a>; un <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28333488">nuovo studio</a> al quale abbiamo lavorato suggerisce, tuttavia, che esiste margine di miglioramento. </div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ciascuna categoria del DSM è corredata da una lista di controllo dei criteri. Qualora venisse soddisfatta una quantità “sufficiente” di tali criteri (<a href="http://dsm.psychiatryonline.org/doi/book/10.1176/appi.books.9780890425596">spesso, poco più della metà</a>), si rientra all’interno di quella determinata categoria diagnostica. Ad esempio, la <a href="https://psychcentral.com/disorders/depression/depression-symptoms-major-depressive-disorder/">lista di controllo</a> per la depressione maggiore prevede un elenco costituito da nove sintomi: per ricevere una diagnosi, è necessario presentarne <a href="https://psychcentral.com/disorders/depression/depression-symptoms-major-depressive-disorder/">almeno cinque</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
I disturbi elencati sul DSM forniscono etichette per aiutare i medici a comunicare riguardo ai loro pazienti, a indirizzare questi ultimi verso i programmi di trattamento e a fornire codici di fatturazione alle compagnie di assicurazione. Questi disturbi ci guidano nel modo in cui eseguiamo la diagnosi, trattiamo la malattia mentale e facciamo ricerca su di essa. Tuttavia l’intero sistema DSM contrasta con la natura della malattia mentale, che non può essere <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21939592">classificata in modo netto all’interno di contenitori</a>. Pertanto, se si utilizzano le strette e rigide categorie del DSM sulle malattie mentali si ostacolano da una parte la diagnosi e il trattamento efficace, e dall’altra la creazione di una solida e accurata ricerca.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
È chiaro che abbiamo bisogno di un modello alternativo per classificare la malattia mentale in grado di smembrare l’oggetto, seguendo le nervature naturali, invece di imporre, per la classificazione, categorie assolutamente artificiali.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando abbiamo creato la <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28333488"><b>Tassonomia gerarchica della psicopatologia</b> (<b>HiTOP</b>: <i>Hierarchical Taxonomy of Psychopathology</i>)</a>, pubblicata il 23 marzo, quello che ci proponevamo era di seguire l’analisi statistica dei dati degli studi esistenti fino ad oggi su come le persone vivono la malattia mentale. Cinquanta dei principali ricercatori che studiano la classificazione della malattia mentale si sono riuniti per dare una struttura all’HiTOP. Esso integra 20 anni di ricerca in un <a href="https://medicine.stonybrookmedicine.edu/HITOP/AboutHiTOP">nuovo modello</a> che supera molti dei problemi derivanti dal DSM.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><b>Problemi che derivano dall’uso del DSM nella descrizione della malattia mentale.</b></b></div>
<b>
</b>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
Per esemplificare i problemi che possono scaturire dalla valutazione eseguita sulla base del DSM, consideriamo due pazienti ipotetici: James e John:</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
James si sente depresso. È ingrassato molto, ha difficoltà a dormire, spesso è stanco e ha problemi di concentrazione. Sulla base di questi sintomi, a James potrebbe essere diagnosticato un episodio depressivo maggiore.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
John non si diverte più e si è allontanato dai suoi cari. Si sente “frenato” al punto tale da risultargli difficile anche muoversi, e non riesce più a svegliarsi la mattina. Fa fatica a prendere decisioni che riguardano la quotidianità. A causa di questi sintomi, recentemente ha perso il suo lavoro e successivamente ha tentato il suicidio. Anche a John, con tali sintomi, potrebbe essere diagnosticato un episodio depressivo maggiore.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGRoxb-_3HmRO157ztnHg0unE-huomvtKuuzBrbTOP3tB6P04OIcbwdLhyaZeQ59Clmy_dUB-kjl1Z9EHPHkImaxBkpKOe_xoZqFPq_8Y8VG7kVmvtrnU33TnPNj0wAbCadUJOgxOq0Lyw/s1600/alone-62253_960_720.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="420" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGRoxb-_3HmRO157ztnHg0unE-huomvtKuuzBrbTOP3tB6P04OIcbwdLhyaZeQ59Clmy_dUB-kjl1Z9EHPHkImaxBkpKOe_xoZqFPq_8Y8VG7kVmvtrnU33TnPNj0wAbCadUJOgxOq0Lyw/s640/alone-62253_960_720.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
John soffre di una depressione più grave e invalidante, inoltre, i suoi sintomi sono diversi da quelli di James. Queste importanti distinzioni tra di loro si perdono nel momento in cui vengono raggruppati e semplicemente etichettati come “depressi”.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La loro diagnosi potrebbe anche comparire o essere modificata facilmente per motivi che potrebbero non riflettere un cambiamento reale o significativo del disturbo mentale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div>
<b>Diagnosi incerte con il DSM</b><br />
<span style="text-align: justify;"><br /></span>
<span style="text-align: justify;">Se, per esempio, John non avesse avuto difficoltà a svegliarsi la mattina presenterebbe solo quattro dei sintomi di depressione maggiore. Non avrebbe più soddisfatto i criteri necessari a ricevere una diagnosi. La soglia diagnostica arbitraria (ossia quella che necessita di cinque dei nove sintomi presenti sulla lista di controllo della depressione) comporta il fatto che John non potrà più accedere al trattamento coperto dalla sua assicurazione, nonostante l’impatto dei suoi sintomi sulla qualità della vita.</span><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<pre style="background: white; text-align: justify;"></pre>
<div style="text-align: justify;">
Inoltre, i confini tra i disturbi DSM a volte appaiono sfocati e non sempre è chiaro quale etichetta diagnostica si adatti meglio. <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22114671">Molti disturbi hanno liste di controllo simili fra di loro</a>. Se, invece, James avesse riferito, ad esempio, anche una preoccupazione cronica e incontrollabile, oltre ai suoi sintomi di depressione - <a href="http://jamanetwork.com/journals/jamapsychiatry/fullarticle/482311">molto comuni</a> - gli sarebbe stato diagnosticato un disturbo d’ansia generalizzato.<br />
<br /></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
Molti dei limiti nel sistema DSM sono causati dal fatto che si affida su disturbi presumibilmente distinti da soglie arbitrarie (ad esempio, che necessitano di cinque dei nove sintomi). Queste caratteristiche del DSM sono stabilite dai comitati di esperti: a ogni nuova revisione, <a href="https://www.cambridge.org/core/journals/psychological-medicine/article/div-classtitlea-history-of-the-dsm-5-scientific-review-committeediv/05F91BB4D73040228E04161C0B463FCF">i comitati decidono</a> quali disturbi debbano essere inclusi, la lista di controllo dei sintomi di ogni disturbo e il numero di sintomi necessari per una diagnosi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L’affidamento ai comitati e ai processi politici ha portato a un sistema che non riflette la vera natura della malattia mentale. Le cose assumono un aspetto diverso se ci affidiamo ad un approccio empirico per fare una mappatura della struttura e dei confini della malattia mentale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div>
<b>Seguire l'evidenza scientifica per descrivere la malattia mentale </b></div>
<div>
<br /></div>
<div>
Dall’analisi dei dati su come le persone vivono i disturbi mentali, emergono <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25563838"><i>pattern</i> chiari</a> sulle modalità in cui si co-verificano i disturbi. Ad esempio, chi è depresso probabilmente proverà anche ansia, mentre qualche giocatore compulsivo sarà, verosimilmente, afflitto anche dalla dipendenza da droga o alcool. <br />
<pre style="background: white; text-align: justify;"></pre>
Questi tipi di pattern di co-occorrenze evidenziano le caratteristiche sottostanti comuni condivise dai gruppi di disturbi. Negli ultimi 20 anni, decine di studi hanno analizzato i modelli di co-occorrenza in decine di migliaia di esperienze di malattia mentale. Questi studi hanno trovato convergenza su <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25563838">sei larghi domini</a>:<br />
<ol>
<li style="text-align: justify;"><b>Internalizzazione</b>, che riflette una propensione verso emozioni negative eccessive, come depressione, ansia, preoccupazione e panico;</li>
<li style="text-align: justify;"><b>Disinibizione</b>, che riflette una predisposizione verso comportamenti impulsivi e imprudenti, e abuso di droga o alcol;</li>
<li style="text-align: justify;"><b>Antagonismo</b>, che è un misto di comportamenti aggressivi, sgradevoli e antisociali;</li>
<li style="text-align: justify;"><b>Disturbi del pensiero</b>, che comprende esperienze deliranti, allucinazioni o paranoia;</li>
<li style="text-align: justify;"><b>Distacco</b>, contrassegnato da scarsa iniziativa sociale e dal ritiro dalle interazioni sociali; e</li>
<li style="text-align: justify;"><b>Disturbo somatoforme</b>, definito da sintomi medici non spiegati e da ricerca eccessiva di rassicurazione e attenzione medica.</li>
</ol>
<div style="text-align: justify;">
Ognuno di questi sei domini può essere misurato su una dimensione continua che rappresenta la probabilità che una persona possa sperimentare quei sintomi. Ad esempio, una persona che si trova in prossimità del margine minimo di internalizzazione probabilmente è emotivamente resiliente, calma e stoica di fronte alle avversità. Chi, invece, si trova al limite massimo potrebbe essere soggetto a profondi e prolungati periodi di depressione, a preoccupazione incontrollabile e a intensi timori irrazionali.</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La posizione di una persona rispetto a queste dimensioni <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22905862">può prevedere non solo la salute mentale attuale</a>, ma anche <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21199968">il tipo, il numero e la gravità</a> dei disturbi mentali specificati in “stile-DSM” di cui soffrirà in futuro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><b>Osservare più da vicino la malattia mentale</b></b></div>
<b>
</b>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La <a href="https://medicine.stonybrookmedicine.edu/HITOP/AboutHiTOP">struttura HiTOP</a> va oltre i sei ampi domini elencati sopra, essa include anche dimensioni più ristrette annidate all’interno di questi domini, che ci permettono di caratterizzare le esperienze delle persone affette da malattie mentali in modo più dettagliato.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per esempio, la dimensione di internalizzazione comprende le dimensioni, più ristrette, di paura, disagio emotivo, disturbi del comportamento alimentare e bassi livelli di funzione sessuale. La misurazione di queste dimensioni più circoscritte permette una rapida comunicazione delle modalità in cui si palesa un alto livello di internalizzazione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A loro volta, queste dimensioni più circoscritte possono essere separate in elementi ancora più dettagliati per determinare, ad esempio, se un livello elevato della dimensione della paura possa manifestarsi nelle interazioni sociali, come fobie oppure ossessioni o compulsioni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questa costruzione gerarchica della struttura - all’interno della quale le dimensioni ampie possono essere suddivise in dimensioni sempre più ridotte e più dettagliate - consentono un'elevata flessibilità alle esigenze dei medici e dei ricercatori. Le idee fondamentali della struttura dell’HiTOP sono già state attuate per rafforzare la ricerca sulla malattia mentale e sono <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26132431">pronte per essere utilizzate nella pratica clinica</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><b>Un’alternativa migliore al DSM</b></b></div>
<b>
</b>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Ritorniamo a James e John: piuttosto che valutare centinaia di sintomi sul DSM per determinare quale combinazione idiosincratica dei disturbi potrebbe essere assegnata per adattarsi meglio alle loro combinazioni di sintomi, possiamo valutare i sei vasti domini della malattia mentale, allo scopo di determinare rapidamente dove si trovano i due uomini su ciascuna dimensione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Successivamente le dimensioni più dettagliate della struttura ci consentiranno di identificare i <i>cluster </i>più gravi o dolorosi della loro sintomatologia. Con la piena comprensione della natura, della portata e della gravità dei loro sintomi, possiamo indirizzarli ai trattamenti più appropriati ed efficaci disponibili.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La struttura gerarchica e dimensionale supera quindi i limiti della dipendenza del DSM su disturbi discreti “presenti o assenti” [ndr: sistema categoriale]: la struttura gerarchica ci permette di valutare e conservare informazioni dettagliate sui sintomi presentati dagli individui. La struttura dimensionale supera anche i limiti delle soglie di diagnostica arbitrarie del DSM, poiché è in grado di registrare la gravità della malattia mentale su ogni dimensione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Viene inoltre superata la fragilità della classificazione dei disturbi secondo il DSM (cioè, che si possa determinare l’esistenza, l’inesistenza e la variazione della malattia mentale con soli piccoli cambiamenti nei sintomi). La remissione di un sintomo - o l’inizio di nuovi sintomi - varia semplicemente quando una persona si sposta nelle diverse dimensioni.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
In conclusione, seguendo l’analisi dei dati dei <i>pattern</i> sintomatologici, vediamo un’immagine molto diversa dalle categorie di disturbi ricavate dai comitati di lavoro dei DSM. Questo nuovo quadro gerarchico e dimensionale è molto più coerente con la vera struttura della malattia mentale e può rivoluzionare il metodo in cui diagnostichiamo e trattiamo le molteplici modalità con cui le persone affrontano la propria salute mentale.</div>
<pre style="background: white; text-align: justify;"><span style="color: #212121; font-family: "inherit" , "serif";"> </span></pre>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-51339681753650233672017-05-08T19:52:00.000-07:002017-05-08T20:13:48.270-07:00La correlazione tra maltrattamento animale e violenza interpersonale. <div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Oggi scelgo di pubblicare un video molto interessante sulla correlazione tra la violenza sugli animali e quella sull'uomo. </div>
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Il video è stato girato al Veganfest del 2015, la relatrice è la dott.ssa Francesca Sorcinelli, Educatrice professionale/Presidente <a href="http://www.link-italia.net/">Link-Italia</a> (APS), associazione italiana di specialisti della prevenzione, trattamento e contrasto della violenza interpersonale. </div>
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"LINK nel linguaggio comune inglese significa legame, mentre in discipline quali psicologia, psichiatria, criminologia, scienze investigative, anglosassoni si connota come termine tecnico che sta ad indicare la stretta correlazione esistente fra maltrattamento e/o uccisione di animali e ogni altro comportamento violento, antisociale e criminale – omicidio, stupro, stalking, violenza domestica, rapina, spaccio, furto, truffa, manipolazione mentale, ecc." (<a href="http://dirittianimali.eu/">dirittianimali.eu</a>)<br />
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La dott.ssa nel video spiega in estrema sintesi e con professionalità questo legame. Buona visione. <br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/kPyw-tRm-Kc/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/kPyw-tRm-Kc?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-59948144668308044032017-04-26T19:43:00.000-07:002017-05-01T08:15:49.860-07:00Perché la perdita di un cane può essere più difficile della perdita di un parente o di un amico.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE3HS2eQbr-1WyWCAoFrtKf1nx2VEyB_xHVbj8y6SAZTe2nn4znZQUnj75do_O_1Nb9GoZlYwPrXTFHTiywd-W-8TjX8BhrDKFUxcdnRI6JhjBb19kiwv4fth6-c9Q3h-2yyD-w0wOFiQP/s1600/pixabdog-659856_960_720.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="416" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE3HS2eQbr-1WyWCAoFrtKf1nx2VEyB_xHVbj8y6SAZTe2nn4znZQUnj75do_O_1Nb9GoZlYwPrXTFHTiywd-W-8TjX8BhrDKFUxcdnRI6JhjBb19kiwv4fth6-c9Q3h-2yyD-w0wOFiQP/s640/pixabdog-659856_960_720.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<span style="text-align: justify;"><br /></span>
<span style="text-align: justify;">Recentemente, io e mia moglie abbiamo attraversato una delle esperienze più strazianti della nostra vita - l'eutanasia della nostra amata cagna, Murphy. Ricordo il momento in cui io e Murphy ci siamo guardati negli occhi prima del suo ultimo respiro - lei mi ha lanciato uno sguardo, un affettuoso mix di confusione e rassicurazione, tutto era ok perché eravamo entrambi al suo fianco.</span><br />
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<br /></div>
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Quando le persone che non hanno mai avuto un cane, vedono gli amici, proprietari di cani, piangere la perdita di un animale domestico, probabilmente pensano che si tratti di una reazione eccessiva; dopo tutto, è “solo un cane”.</div>
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Tuttavia, coloro che hanno amato un cane conoscono la verità: il vostro animale domestico non è mai “solo un cane”.</div>
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Spesso ho ricevuto confidenze da amici che si sentivano in colpa perché erano molto più addolorati per la perdita di un cane che per la perdita di amici o parenti. <a href="http://www.ehbonline.org/article/S0162-3095(99)80001-4/abstract">La ricerca ha confermato</a> che per la maggior parte delle persone, la perdita di un cane è, sotto ogni punto di vista, quasi sempre paragonabile alla perdita di una persona cara umana. Purtroppo, nei nostri schemi culturali non c’è molto a riguardo – non vi sono rituali per il dolore, nessun necrologio sul giornale locale, nessuna funzione religiosa – che potrebbe aiutarci a superare la perdita di un animale domestico, e farci sentire un po’ meno in <a href="http://www.telegraph.co.uk/lifestyle/9467927/Why-like-Ben-Fogle-are-we-embarrassed-to-show-grief-over-our-dead-pets.html">imbarazzo nel mostrare pubblicamente il forte dolore provato per la loro morte</a>. </div>
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Forse, se la gente capisse quanto sia forte e intenso il legame tra le persone e i loro cani, questo dolore sarebbe accettato più ampiamente. Tutto questo sarebbe di grande aiuto per i proprietari di cani, permettendo loro di integrare il lutto nella propria storia di vita e di guardare al futuro. </div>
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<br /></div>
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<b>Un legame interspecie come nessun altro</b></div>
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Cosa si trova esattamente nei cani da rendere così stretto il legame degli esseri umani con loro? </div>
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Per cominciare, i cani hanno dovuto adattarsi a vivere con gli esseri umani nel corso degli ultimi 10.000 anni. E l'hanno fatto molto bene: sono gli unici animali ad essersi specificatamente evoluti per essere nostri compagni e amici. </div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://brianhare.net/">L'antropologo Brian Hare</a> ha sviluppato l’ “ipotesi della domesticazione” [ndr: ipotesi dell’autodomesticazione] per spiegare come i cani si siano trasformati, a partire dai loro antenati lupi grigi, in animali socialmente qualificati, a tal punto che ora interagiamo con essi in modo assai simile a quello in cui interagiamo con altre persone. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Forse uno dei motivi per cui i nostri rapporti con i cani possono essere ancora più soddisfacenti rispetto ai nostri rapporti umani, è che i cani ci forniscono un <i>feedback </i>positivo davvero acritico e incondizionato (<a href="https://img1.etsystatic.com/155/0/13618223/il_340x270.1142491229_fvka.jpg">come dice un vecchio proverbio</a>, “Possa io diventare il tipo di persona che il mio cane pensa che io sia già”). </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questo non è un caso. Essi sono stati selezionati per generazioni allo scopo di prestare attenzione alle persone, scansioni di <a href="https://www.psychologytoday.com/blog/canine-corner/201608/do-your-dog-love-you-more-food">risonanze magnetiche (MRI) </a>mostrano che i cani rispondono alle lodi dei loro proprietari in modo altrettanto forte a come fanno in risposta al cibo (e per alcuni cani, la lode è un incentivo ancora più efficace del cibo). I cani riconoscono le persone e possono imparare a interpretare gli stati emotivi umani <a href="http://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/0963721416656329">dalla sola espressione facciale</a>. Studi scientifici indicano anche che i cani sono in grado di comprendere le intenzioni umane, <a href="http://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/0963721416661318">riconoscono le persone che cercano di aiutare</a> i loro proprietari ed <a href="https://www.psychologytoday.com/blog/canine-corner/201508/dogs-avoid-people-who-are-not-cooperative-their-owners">evitano quelle che non cooperano</a> con essi o che non li trattano bene. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non sorprende che gli esseri umani rispondano positivamente a tale affetto incondizionato, al loro sostegno e fedeltà. Alle persone <a href="https://www.psychologytoday.com/blog/canine-corner/201609/just-looking-dog-can-make-you-smile">basta osservare i cani per sorridere</a>. <a href="https://www.psychologytoday.com/blog/canine-corner/201607/stop-the-presses-dog-owners-are-happier">I proprietari di cani hanno un punteggio più alto sulle scale di benessere</a> e sono più felici, in media, rispetto alle persone che possiedono gatti o che non abbiano animali. </div>
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<b>Come un membro della famiglia</b></div>
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Il nostro forte attaccamento ai cani è stato sottilmente rivelato in un <a href="https://www.psychonomic.org/news/311582/Roll-calling-the-dog-but-not-the-cat.htm">recente studio</a> di “<i>misnaming</i>”. Il <i>misnaming</i> accade quando si chiama qualcuno con il nome sbagliato, come quando i genitori chiamano erroneamente uno dei loro figli con il nome di un fratello. La ricerca ha scoperto che le persone scambiano il nome dei membri della famiglia umana con quello del cane di famiglia, ciò indica che il nome del cane di famiglia appartiene allo stesso <i>pool</i> cognitivo degli altri membri della famiglia. (Curiosamente, la stessa cosa accade raramente con i nomi dei gatti). </div>
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<br /></div>
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Non c'è da stupirsi che i proprietari di cani soffrano così tanto la mancanza dei propri cani quando non ci sono più. </div>
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<br /></div>
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<a href="https://psychcentral.com/lib/grieving-the-loss-of-a-pet/">La psicologa Julie Axelrod</a> ha fatto notare che la morte di un cane è così dolorosa perché i proprietari non perdono solo un animale. Essa può rappresentare la perdita di una fonte di amore incondizionato, un compagno fondamentale che offriva sicurezza e comfort, e forse anche un protetto di cui si è stati il mentore come per un bambino. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La perdita di un cane può anche sconvolgere gravemente la routine quotidiana di un proprietario più intensamente che la perdita della maggior parte degli amici e parenti. Per i proprietari, i programmi giornalieri - anche i loro piani per le vacanze - possono ruotare intorno alle esigenze dei loro animali domestici. I cambiamenti nello stile di vita e di routine sono <a href="https://www.simplypsychology.org/SRRS.html">alcune delle fonti primarie di stress</a>.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.ehbonline.org/article/S1090-5138(16)30108-8/fulltext">Secondo una recente indagine</a>, molti proprietari di animali in lutto interpretano erroneamente suoni e avvistamenti ambigui, con i movimenti, ansimi e guaiti del pet defunto. E’ più probabile che questo accada poco dopo la morte dell'animale domestico, in particolare tra i proprietari che avevano livelli molto elevati di attaccamento ai loro animali domestici.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La morte di un cane è terribile, ciò nonostante i proprietari di cani sono così abituati alla presenza rassicurante e non giudicante dei loro compagni canini che, il più delle volte, alla fine, prenderanno un altro cane. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quindi sì, mi manca il mio cane. Ma sono sicuro che sarò io stesso a mettermi di nuovo di fronte a questa prova terribile negli anni a venire.<br />
<br />
Tradotto e adattato da: <a href="https://theconversation.com/why-losing-a-dog-can-be-harder-than-losing-a-relative-or-friend-68207">The Conversation</a>. </div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-79661204874319153042017-04-18T10:00:00.001-07:002017-05-16T09:34:34.248-07:00Il dilemma del contagio da suicidio. Parlare o non parlare di suicidio? <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi51fRzuvJTnedxp0EjteuB-Ydo-5v3tO-u_r8BAaOAGWrCWf4eHj7ggyELSWgq0d-nsMGwwLnCtsxGPLhWoxAV8qS0PwSENqv4i9JI-vhK8SSYn-4gB5gIvGmwEFdwl-1Z4tPGjOI8wrwW/s1600/hopelessness-1848970_1920.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi51fRzuvJTnedxp0EjteuB-Ydo-5v3tO-u_r8BAaOAGWrCWf4eHj7ggyELSWgq0d-nsMGwwLnCtsxGPLhWoxAV8qS0PwSENqv4i9JI-vhK8SSYn-4gB5gIvGmwEFdwl-1Z4tPGjOI8wrwW/s640/hopelessness-1848970_1920.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Negli ultimi anni, <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4461080/">la ricerca ha dimostrato</a> che <b>il suicidio può potenzialmente diffondersi attraverso i social network</b> - un fenomeno che alcuni hanno definito <b>“contagio da suicidio”</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Diverse tecniche sofisticate di analisi statistica hanno ampiamente raggiunto la stessa conclusione: <b>se qualcuno è esposto al tentativo di suicidio o alla morte per esso di un amico, ciò aumenta il rischio di quella persona di pensieri e tentativi di suicidio</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Le conseguenze possono essere devastanti per le famiglie, i compagni di classe e i cittadini, che rimangono da soli a cercare di comprendere le ragioni dei suicidi a catena che si verificano nelle loro comunità, da <a href="https://www.bostonglobe.com/metro/2014/03/02/newton-mobilizing-after-suicides-teens/ddoqf9XlrCPhEl6fbd2KYI/story.html">Newton nel Massachusetts</a>, a <a href="https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2015/12/the-silicon-valley-suicides/413140/">Palo Alto in California</a>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
E’ una domanda che rappresenta una sfida per i ricercatori, che da decenni cercano risposte. Il ruolo del contagio da suicidio è forse uno degli aspetti meno compresi del suicidio, esso ci mette in una posizione di grosso svantaggio quando si devono progettare strategie efficaci per prevenire la diffusione dei suicidi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Per questo motivo, <a href="http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/0022146514568793">nel nostro recente studio</a>, abbiamo esaminato gli adolescenti. Volevamo sapere se l’essere o meno a conoscenza del tentativo di suicidio di un amico, può cambiare la possibilità del rischio personale di mettere in atto dei tentativi di suicidio. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Utilizzando dati longitudinali, abbiamo scoperto che <b>gli adolescenti che hanno appreso del tentativo di suicidio di un amico, hanno quasi il doppio delle probabilità di tentare il suicidio un anno dopo</b>. <b>I giovani che hanno effettivamente perso un amico a causa di un suicidio, hanno un rischio ancora più elevato.</b> È interessante notare che, gli adolescenti a cui gli amici non avevano parlato del loro tentativo di suicidio, non avevano un aumento significativo del rischio di suicidio un anno più tardi. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il nostro studio ha diverse implicazioni interessanti per la <b>prevenzione del suicidio</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In primo luogo, per un adolescente fare esperienza del tentativo di suicidio, o della morte, di un amico, sembra cambiare il profilo di rischio in modo significativo. Prima o poi tutti noi siamo esposti al suicidio, sia se questo avviene attraverso la lettura di Romeo e Giulietta, sia semplicemente guardando il telegiornale. Ma l'esposizione al tentativo di suicidio di un amico, o alla sua morte, appare trasformare l'idea lontana del suicidio in qualcosa di molto reale: un significativo e tangibile copione culturale, che i ragazzi possono mettere in atto per far fronte alle difficoltà.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
In secondo luogo, seguendo il vecchio adagio “chi si somiglia si piglia”, alcuni hanno <a href="http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0140197102001331">sostenuto</a> <a href="http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1111/1467-8721.00021">che gli adolescenti depressi</a> possono semplicemente fare amicizia tra loro, il che spiegherebbe il motivo per cui i gruppi di amici hanno tassi di suicidio simili (e contraddirebbe la teoria del contagio da suicidio).</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tuttavia i nostri risultati <a href="http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/002214650905000302">aggiungono alla letteratura esistente</a>, l’indicazione che il contagio da suicidio non è semplicemente un fenomeno adolescenziale ove i ragazzi scelgono amici con una vulnerabilità al suicidio simile alla loro. </div>
<div style="text-align: justify;">
Se il contagio non avesse importanza, non dovrebbe averne neanche l’essere a conoscenza dei tentativi di suicidio. Ma, è evidente che, solo se i giovani sanno del tentativo di suicidio del loro amico, il rischio si innalza. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Come possiamo allora utilizzare questa conoscenza?</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
E' chiaro che il suicidio non è semplicemente un prodotto della malattia psicologica o di fattori di rischio psicologici. <b>L'esposizione al suicidio, anche se è solo un tentativo, è emotivamente devastante, e gli adolescenti hanno bisogno di sostegno per affrontare le emozioni complesse che seguono l’evento</b>. Qui, la prevenzione - o, come a volte è chiamata, “<i>postvention strategies</i>” (strategie post intervento) - diventa cruciale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una chiara implicazione del nostro lavoro è che nelle indagini di <i>screening</i> per il rischio suicidario, ai ragazzi si dovrebbe sempre chiedere, se siano a conoscenza di qualcuno che abbia tentato o sia morto per suicidio. In realtà, <a href="http://www.sprc.org/sites/default/files/migrate/library/GoldstonAssessmentSuicidalBehaviorsRiskChildrenAdolescents.pdf">molti strumenti affidabili</a> per lo <i>screening</i> adolescenziale per il suicidio includono domande circa l'esposizione ad esso.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tutto ciò sembra ragionevole. Ma poi le cose diventano meno chiare e più difficili da interpretare. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sulla base di quello che la nostra ricerca ha dimostrato, è naturale chiedersi se le persone che hanno tentato il suicidio dovrebbero essere scoraggiate dal parlarne. C'è il timore che, parlando di suicidio, potremmo senza intenzione promuoverlo. </div>
<div style="text-align: justify;">
Allo stesso tempo, se noi incoraggiamo le persone a <i>non</i> parlare di suicidio - in particolare i giovani - si potrebbe perdere l’opportunità di aiutare coloro che hanno pensieri suicidari e che stanno contemplando di togliersi la vita.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Inoltre, il senso di appartenenza ad un gruppo - sostenuto da amici e familiari, all’interno di una vita sociale sana - <a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/sltb.12071/full">è essenziale per la prevenzione del suicidio</a>. Se incoraggiamo i giovani a non parlare di suicidio, possiamo involontariamente aumentare la sensazione di isolamento degli adolescenti con pensieri suicidi, sensazione <a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1449832/">che contribuisce al rischio di suicidio</a>. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A causa dello stigma pervasivo sulla malattia mentale e sul suicidio, è spesso molto difficile per le persone ammettere che hanno bisogno di aiuto. Così, <b>invece di incoraggiare il silenzio sul tema del suicidio, potrebbe essere meglio educare gli adolescenti su come rispondere in modo appropriato se un amico rivelasse loro dei pensieri suicidari o un tentativo di suicidio</b>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Fortunatamente, esistono programmi basati su prove di efficacia come <i><a href="https://www.qprinstitute.com/">Question, Persuade, Refer (QPR)</a></i> e <i><a href="http://www.sprc.org/resources-programs">SOS Signs of Suicide program</a></i>. Questi programmi possono insegnare ai ragazzi strategie per ricevere aiuto dagli amici, basate su fonti specialistiche (per inciso, questi programmi sono spesso offerti nelle scuole).</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Inoltre, è importante che genitori, insegnanti e allenatori si sentano a proprio agio nell’affrontare il discorso del suicidio; essi hanno bisogno di diventare <a href="https://suicidepreventionlifeline.org/App_Files/Media/PDF/sprc_online_library.pdf"><span style="color: #999999;">esperti nelle risposte adeguate</span></a>, e rendersi conto che un tentativo di suicidio può avere un effetto a catena che si riverbera oltre il singolo individuo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Dopo tutto, è quando gli adolescenti sono lasciati soli ad affrontare il disagio dei loro amici che diventano più esposti al lasciarsi contagiare dai comportamenti e dalle ideazioni suicidarie. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">Tradotto e adattato da: </span><a href="https://theconversation.com/to-talk-or-not-to-talk-the-dilemma-of-suicide-contagion-46434">the conversation</a></div>
</div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-28616362833935406452017-04-05T19:57:00.000-07:002017-04-06T06:31:41.811-07:00Perché così tanti veterinari si suicidano?<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq7BM_-33n4-OjvuWZEGD_sg8XbGXDDIFZ0ohWDAAGsB9l4ttwjMBMgYQAwA7zEMIrcpwuTjdtD7QutYi3Il-KvDznwEd07rOldzmgaFCyB8vLK5y9Dzo-eqMK_pcmZFNGLN5sEfiZtiZq/s1600/vet-1073422_960_720.jpg" imageanchor="1"><img border="0" height="425" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq7BM_-33n4-OjvuWZEGD_sg8XbGXDDIFZ0ohWDAAGsB9l4ttwjMBMgYQAwA7zEMIrcpwuTjdtD7QutYi3Il-KvDznwEd07rOldzmgaFCyB8vLK5y9Dzo-eqMK_pcmZFNGLN5sEfiZtiZq/s640/vet-1073422_960_720.jpg" width="640" /></a><br />
<br />
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ha
trattato le ulcere allo stomaco del nostro maiale, le sue artriti e il suo
attacco di cuore da congestione. Ha salvato la vita della nostra gallina. E
quando la nostra amata Border collie, Sally, giaceva morente nella nostra
camera da letto, è venuto a casa nostra e mentre io la tenevo e singhiozzavo
sul copriletto, l'ha liberata dalla sua malattia.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E'
difficile pensare nella nostra vita a persone più importanti, più necessarie,
più venerate dei nostri veterinari. Per tutti noi che amiamo gli animali, la
medicina veterinaria è una delle professioni più nobili al mondo.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Così ho
appreso con shock e costernazione che i veterinari soffrono di allarmanti tassi
alti di depressione e suicidi.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
"E'
un grave problema," afferma Stephanie Kube, una veterinaria neurologa
specializzata in patologia del dolore al centro veterinario di neurologia e
gestione del dolore di Walpole in New England. "La professione è
profondamente afflitta." </div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nel 2014 un <a href="https://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/mm6405a6.htm">sondaggio</a> su 10000 veterinari praticanti, effettuato online dal centro federale per il controllo e la prevenzione delle malattie, pubblicato nel 2015, ha scoperto che più di un veterinario americano su sei ha considerato l'ipotesi del suicidio. I veterinari soffrono di
sentimenti di disperazione, di depressione, e di altri disagi psichiatrici due
o tre volte di più del resto della popolazione.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Due studi
pubblicati nella rivista dell’Associazione di Veterinari Britannici, The
Veterinary Record, hanno rilevato che i tassi di suicidio sono due o tre volte
maggiori rispetto a quelli nei dentisti o nei medici e addirittura quattro/sei
volte in più rispetto al resto della popolazione. </div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La
tragedia è contro-intuitiva: molti veterinari si approcciano alla medicina
animale sin dall'infanzia. Sono tra i pochi fortunati che realizzano i propri
sogni. <b>Con le carriere dedite a salvare la vita degli animali, perché i
guaritori scelgono di metter fine proprio alla loro?</b></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Queste
constatazioni appaiono sorprendenti anche ai veterinari stessi. Nel 2012
un'inchiesta tra i direttori di diverse associazioni veterinarie del paese e
tra i veterinari praticanti in Alabama ha scoperto che solamente l'11% dei
veterinari era consapevole che il suicidio fosse un problema nell'ambito della
propria professione. </div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Eppure,
se chiedete al vostro veterinario, è probabile che sappia di un collega o di
compagno di studi che ha smesso con la professione, si è esaurito, o che si è
suicidato o suicidata. E quasi tutti i veterinari americani hanno sentito
parlare del tragico caso della veterinaria di New York Shirley Koshi avvenuto
nel 2014.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un buon samaritano
aveva raccolto e salvato un gatto malato nei pressi di un parco e l'aveva
portato nella clinica più vicina, quella della Koshi, proprietaria e
responsabile della Clinica Veterinaria "Gentle Hands" a Riverdale. La
Koshi curò e adottò l'animale. Settimane dopo, apparve una donna, che chiese
alla Koshi di darle indietro il gatto. Affermava che il gatto fosse suo perché
per lui, come per altri gatti che girovagavano per il parco pubblico, aveva
lasciato del cibo.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La donna
la citò in giudizio; dimostranti infuriati picchettarono lo studio della Koshi,
vennero organizzati gruppi di contestatori che attaccarono la veterinaria anche
online. Alla fine la <a href="http://www.nydailynews.com/new-york/nyc-veterinarian-driven-suicide-cat-custody-fight-article-1.1701820">Koshi</a>, a 55 anni, si tolse la vita in casa sua.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
"La
gente ha l'idea sbagliata che il mestiere del veterinario sia vaccinare
cagnolini e gattini per tutto il giorno", afferma Marie Holowaychuk, una
specialista in emergenza e terapia intensiva a Calgary, Alberta.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mentre i
veterinari affrontano abilmente pazienti che possono mordere, graffiare e
calciare, è spesso il cliente umano, affermano i veterinari, a portarli
sull'orlo del precipizio.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
"Molti
dei nostri clienti sono fantastici e noi li amiamo ma ogni sorta di persone
possiede animali", afferma Kube. Alcuni adottano o salvano animali e poi
non sanno prendersene cura. Altri vogliono sopprimere animali sani. Alcuni
proprietari di animali hanno problemi e disagi emozionali. Alcuni sono messi
troppo male economicamente per poter pagare le cure veterinarie. "E c’è
chi pensa che i veterinari facciano tutto gratis, perché amano gli
animali", afferma Kube," e noi lo facciamo, ma non possiamo".
Molti veterinari, ella afferma, si accollano enormi debiti dall'Università, che
costa come o di più di una scuola di medicina. Ma la maggior parte dei
veterinari guadagna meno di un terzo di quanto guadagnino medici o dentisti,
soprattutto perché riscuotono meno e non vengono rimborsati dai vari <i>Medicare</i>, <i>Medicaid</i> o da altri programmi di assicurazione medica
(l'assicurazione per gli animali da affezione esiste ma pochi sono coloro che
l'hanno stipulata).</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Eppure i
veterinari devono essere testimoni, e spesso assistere, nel momento più straziante
per chi cura, molto più spesso di quanto tocca ai medici per umani. "Molti
dei nostri pazienti muoiono durante la nostra carriera", il mio
veterinario, il Dr. Chuck DeVinne dell'Animal Care Clinic a Peterborough, N.H.,
mi disse - semplicemente perché gli animali da compagnia hanno vite più brevi
rispetto agli essere umani.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
I
veterinari incontrano la morte di frequente, e allo stesso tempo si imbattono
in alcune problematiche etiche che ai medici non capita di affrontare. Si
consideri un veterinario che ha bisogno di consigliare un proprietario
costretto a scegliere tra un'operazione costosa per il suo animale o mandare il
figlio al college, o peggio, un veterinario che operi un animale che malgrado
le migliori cure muoia ugualmente.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quando le
cose vanno male, i veterinari se la prendono a cuore. "Molti veterinari
sono estremamente dediti a tutto ciò che concerne la loro professione"
afferma DeVinne.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quando
questo stress si combina a tante ore di lavoro e con carichi di turni di
reperibilità, è facile capire come chiunque possa crollare. E poiché i
veterinari distribuiscono la "Morte dolce " ai loro pazienti con
l'eutanasia, essi possono facilmente credere che la morte sia la via d'uscita
al dolore. Tutti loro hanno facile accesso ai farmaci che possono uccidere.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Cosa si
può fare per prevenire burn-out, depressione e suicidio? Holowaychuk pratica
yoga e meditazione e oggi, come istruttore certificato di yoga e di meditazione
incorpora queste pratiche in workshop di trattamenti benessere per colleghi veterinari. (Per saperne di più su di loro, visita: <a href="http://www.criticalcarevet.ca/wellness">www.criticalcarevet.ca/wellness</a>.) </div>
<div style="margin-bottom: 0.0001pt;">
<br />
Raccomanda,
inoltre, che i clienti stipulino un'assicurazione cosicché i costi non si
trasformino in problemi. DeVinne sottolinea come sia importante per i
veterinari sviluppare interessi al di fuori dell'ambiente lavorativo: lui è un
giocatore nazionale di tiro al bersaglio e un buon suonatore di banjo.</div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
"Educare
il pubblico è il primo passo" per guarire i guaritori di animali, afferma
Kube. Vi esorto a fare come faccio io quando porto il mio cucciolo per una
visita: dite al vostro veterinario, e al suo staff, che siete grati loro per
ciò che fanno.<br />
<br />
Tradotto e adattato da: <a href="https://www.bostonglobe.com/lifestyle/2016/09/18/why-many-veterinarians-commit-suicide/iCCgr46bIJpgEeesPHTe2L/story.html">The Boston Globe</a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-45340883565962633302017-04-02T08:41:00.001-07:002017-04-02T08:48:53.730-07:00Giornata Mondiale dell'Autismo, video: Possono Accadere Cose Meravigliose.Oggi <b>2 aprile</b> si celebra la <b>Giornata Mondiale dell'Autismo</b>, sancita dalle Nazioni Unite con la <a href="http://www.congrega.it/images/cosa_facciamo/RisoluzioneONU.pdf">Risoluzione ONU 62/139 del 18 dicembre 2007</a>. Lo scopo è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica circa un disturbo che riguarda un numero sempre maggiore della popolazione e accrescere l’impegno al miglioramento dei servizi e alla promozione della ricerca.<br />
<div>
<br /></div>
<div>
Pertanto oggi ho scelto di pubblicare un simpatico <b>video</b>, che vuole essere un'introduzione all'autismo per creare <b>consapevolezza</b> nei giovani non-autistici e stimolare la <b>comprensione</b> e l'<b>accettazione</b> nelle generazioni future. </div>
<div>
<div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/6-nNy6a5saU/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/6-nNy6a5saU?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<div>
<br />
La pagina del progetto originale per la lingua inglese ed altre lingue è su: <a href="https://www.facebook.com/AmazingAutismProject">Amazing Things Happen</a><br />
La voce italiana è di David Vagni - <a href="http://www.spazioasperger.it/">Spazio Asperger</a>.<br />
<div>
</div>
</div>
</div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-48904937090760076782017-03-30T10:15:00.001-07:002017-03-30T10:15:51.426-07:00No, i ricercatori non hanno scoperto la causa del disturbo ossessivo compulsivo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiggA2lbtqgugmkM0feO72C3mCwWTt2w88KbCoDZ_HQyDf9x5b7COIrJOfUWaSISLYr674qiRUv60Gxn8YS3NX3bVJevC3kR15_AG0WC3vAdDaOHUCWOhyphenhyphenDGWTb-QtnqSI6qDyS0QjMl0pW/s1600/causadocossessivo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiggA2lbtqgugmkM0feO72C3mCwWTt2w88KbCoDZ_HQyDf9x5b7COIrJOfUWaSISLYr674qiRUv60Gxn8YS3NX3bVJevC3kR15_AG0WC3vAdDaOHUCWOhyphenhyphenDGWTb-QtnqSI6qDyS0QjMl0pW/s320/causadocossessivo.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div>
Se è vero che vi è un’epidemia di “fake news”, stiamo anche assistendo al fatto che non vi è più spazio per una chiara attività di comunicazione degli uffici di relazione con l’esterno e social media delle università che promuovono gli ultimi risultati della ricerca dei loro professori. Alcune delle colpe ricadono sugli stessi ricercatori, che evitano appositamente una comunicazione cauta e conservatrice, proponendo, invece, iperboli comunicative e sovra-generalizzazioni. <br />
<br />
L'ultimo esempio di “fake news” scientifica è la presunta scoperta di una singola causa del disturbo ossessivo-compulsivo (OCD). Fatto sta che non vi è necessità di andare oltre il comunicato stampa pubblicato dalla Università di Würzburg, per vedere quanto profondo sia il problema. <br />
<br />
Chiariamo da subito che i ricercatori non hanno scoperto la causa del disturbo ossessivo-compulsivo (OCD). <br />
<br />
Ciò che i ricercatori hanno trovato è l’assenza di una specifica proteina (SPRED2) che inibisce una via neurologica del segnale nel cervello dei topi (Ras / ERK-MAP chinasi in cascata), dopo aver creato dei comportamenti simili a quelli dell’OCD. Nei topi. <br />
<br />
L'anno scorso, un altro gruppo di ricercatori della Duke University ha scoperto “un unico tipo di recettore per il neurotrasmettitore glutammato nel cervello come responsabile di una serie di sintomi simili all’OCD nei topi.” Ma non hanno lavorato sulla SPRED2, il loro lavoro è stato sulla SAPAP3 - una proteina completamente diversa. <br />
<br />
Ci sono, infatti, vari gruppi di ricerca che stanno lavorando su diverse serie di modelli murini per favorire la comprensione dei comportamenti dell’OCD. E' un’area di studio molto complessa, che sta dando alcuni promettenti risultati iniziali. <br />
<br />
Nel caso della news sanitaria in esame, nella consueta attività di divulgazione, ciò che è andato completamente perso nella trasposizione di questa complessa area di studi, è che allo stato attuale il lavoro è stato condotto solo sui topi – non sugli esseri umani. <b>Quando modelli murini sono tradotti nell’esperienza umana, il più delle volte essi non funzionano. </b>Troverete numerose cautele nei comunicati stampa, invece, non vi è stata alcuna cautela nella comunicazione mediatica mainstream di questa ricerca basata sul comunicato stampa dell’ufficio di relazione con l’esterno dell’università.</div>
<div>
<br />
In realtà, è che proprio non si trova alcuna cautela di sorta nel <a href="https://www.uni-wuerzburg.de/en/sonstiges/meldungen/detail/artikel/ursache-fuer-zwangsstoerungen-entdeckt-1/">comunicato stampa originale </a>sulla scoperta dei ricercatori. Non una sola parola circa la generalizzabilità dei risultati per gli esseri umani, o su come il lavoro dei ricercatori possa allinearsi con risultati di altre ricerche sulle diverse proteine che hanno a che fare con comportamenti simili nei topi. <br />
<br />
<b>Il problema è come far passare delle notizie corrette attraverso il clamore mediatico </b></div>
<div>
<br /></div>
<div>
Robert Emmerich - che ha scritto il comunicato stampa dell'Università di Würzburg -, ha costruito ad arte una tale affermazione, audace e troppo generalizzata, dei risultati ottenuti dai loro ricercatori, ovvero: l’aver trovato l'unica, vera causa del disturbo ossessivo compulsivo – questo è parte del problema. Mr. Emmerich non è uno scienziato, lui è semplicemente un editor e scrittore impiegato dall'Università di Würzburg per garantire che tutto ciò che scrive venga preso in considerazione dai tradizionali organi di informazione.<br />
<br />
La sfida di Mr. Emmerich, nella stesura dei suoi comunicati, è quello di raccogliere il maggior consenso mediatico, ed è una sfida che cresce ogni giorno, così come Internet si satura sempre più di nuove scoperte da parte di ricercatori che hanno definitivamente trovato qualcosa di NUOVISSIMO e che deve essere notato. I ricercatori sono sotto pressione dalle loro istituzioni per garantire che il lavoro che stanno facendo è rilevante, e metaforicamente, possono essere venduti al pubblico come un insieme di beni intellettuali. <br />
<br />
Questi “beni”, se adeguatamente promossi aumenteranno la reputazione e la statura dell'università. “Sì, siamo l'università che ha scoperto la vera causa del disturbo ossessivo compulsivo!”<br />
<br />
Non solo i legittimi ricercatori devono lavorare sodo per le università tradizionali per far si che il proprio lavoro sia pubblicato (e poi pubblicizzato), ma sempre più essi devono competere contro gente comune che semplicemente se ne occupa al solo scopo di ottenere visite al proprio sito web (per spinegere entrate ricavate dalla pubblicità o dalle vendite nelle loro tasche).<br />
<br />
Di certo non aiuta quando il canale mainstream, rigurgita uno scadente comunicato stampa dell'Università di Würzburg, e ripete la stessa affermazione priva di fondamento:<br />
<pre style="background: white;"><span style="color: #212121; font-family: "inherit" , "serif";"> </span></pre>
<ul style="margin-top: 0cm;" type="square">
<li><span style="font-size: x-small;">Cause of obsessive-compulsive disorder discovered – Science Daily</span></li>
<li><span style="font-size: x-small;">German Researchers Discover Cause of OCD – Teen Vogue</span></li>
<li><span style="font-size: x-small;">Scientists uncover cause of obsessive-compulsive disorder – UPI</span></li>
<li><span style="font-size: x-small;">Scientists Found Underlying Cause of Obsessive-Compulsive Disorder – Nature World News</span></li>
<li><span style="font-size: x-small;">Obsessive-Compulsive Disorder Behaviors Linked To Missing Protein In The Brain – Medical Daily</span></li>
</ul>
<pre style="background: white;"><span lang="EN-US" style="color: #212121; font-family: "inherit" , "serif"; mso-ansi-language: EN-US;"> </span></pre>
Non esiste una risposta facile al problema di come spiegare la complessità del mondo scientifico in modo semplice e con le appropriate precauzioni del caso. Non v'è alcuna ricompensa per gli uffici dei media universitari, se frenano il loro entusiasmo per il lavoro dei loro ricercatori, e c'è poco vantaggio per le redazioni di notizie mainstream nel filtrare i loro titoli per riflettere più accuratamente la verità. Le società di notizie mainstream, tuttavia, hanno la responsabilità sul loro pubblico per cominciare a mettere in discussione i comunicati stampa provenienti da università e vale la pena di spendere due minuti per fare una ricerca su Google (come ho fatto io) e porre quindi la nuova ricerca nel contesto più appropriato.<br />
<br />
Non è così difficile. E 'qualcosa che si usa chiamare il buon giornalismo.</div>
<div>
<br /></div>
<div>
riferimenti:</div>
<div>
<br /></div>
<div>
<ol class="footnotes" style="background-color: white; border: 0px; color: #666666; font-family: "Open Sans", verdana, helvetica, sans-serif; font-size: 0.8em; list-style-image: initial; list-style-position: initial; margin: 0px 0px 1.6em 3em; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline; zoom: 1;">
<li class="footnote" id="footnote_0_103428" style="border: 0px; font-family: inherit; font-size: 12px; font-style: inherit; font-weight: inherit; list-style-type: decimal; margin: 0px 0px 0.6em; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline; zoom: 1;">The title of the actual study, “OCD-like behavior is caused by dysfunction of thalamo-amygdala circuits and upregulated TrkB/ERK-MAPK signaling as a result of SPRED2 deficiency” gives away the truth. This isn’t necessarily the same obsessive-compulsive disorder as it is defined in adults — it is “OCD-link behavior”… in mice. </li>
</ol>
<pre style="background: white;"><span style="color: #212121; font-family: "inherit" , "serif";"> Tradotto e adattato, originale su: <a href="https://psychcentral.com/blog/archives/2017/03/19/no-researchers-have-not-discovered-the-cause-of-ocd/">Psychcentral</a></span></pre>
<pre style="background: white;"><span style="color: #212121; font-family: "inherit" , "serif";"> <o:p></o:p></span></pre>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: normal; margin-bottom: 12.0pt; mso-outline-level: 3; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: normal; margin-bottom: 12.0pt; mso-outline-level: 3; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: normal; margin-bottom: 12.0pt; mso-outline-level: 3; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
</div>
Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-58017975105764613562017-03-23T08:50:00.000-07:002017-04-09T19:12:32.395-07:00C'è davvero un legame tra l'avere un gatto e la malattia mentale? Finalmente una nuova ricerca dimostra: probabilmente NO. <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiB3vaL1mEe59eZTY7VsxFJ-F_zuDsaWv5GjtfQbzv3RmH0fcu1IidbJyl2uT44fsZjo1KwQRxVpNEAvI-aRowxE7XxNlIXVGYe4Zhz7Ra0Exv-3ZfGnBrwurrIvm0eL-Lp65h0JZ9SHUt/s1600/16864833_136945896827573_5755615222377824443_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiB3vaL1mEe59eZTY7VsxFJ-F_zuDsaWv5GjtfQbzv3RmH0fcu1IidbJyl2uT44fsZjo1KwQRxVpNEAvI-aRowxE7XxNlIXVGYe4Zhz7Ra0Exv-3ZfGnBrwurrIvm0eL-Lp65h0JZ9SHUt/s320/16864833_136945896827573_5755615222377824443_n.jpg" width="320" /></a></div>
<br style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;" />
<br style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;" />
<span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">Nel corso degli ultimi anni, i gatti hanno sempre attirato l'attenzione dei media a causa di una serie di studi scientifici che riportano che l’infezione da Toxoplasma</span><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;"> gondii (T. gondii) sia collegata con problemi di salute mentale, tra cui la <a href="http://www.independent.co.uk/news/science/toxoplasmas-links-to-schizophrenia-bipolar-disorder-and-increased-risk-taking-8102706.html">schizofrenia</a></span><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">, il <a href="http://www.dailymail.co.uk/health/article-2168089/Women-cat-owners-likely-kill-higher-chance-infection-parasite-feline-faeces.html">suicidio</a> </span><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">e il <a href="https://www.scientificamerican.com/article/rage-disorder-linked-with-parasite-found-in-cat-feces/">disturbo esplosivo intermittente</a></span><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">. Dal momento che i ga</span><span class="text_exposed_show" style="background-color: white; color: #1d2129; display: inline; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;">tti sono gli unici animali domestici che possono essere ospiti definitivi del parassita T. gondii - ovvero l’organismo dei gatti fornisce un ambiente all'interno del quale questo parassita si può riprodurre – si è spesso ipotizzato che l’avere un gatto a casa possa mettere le persone a maggior rischio di malattia mentale, a causa di una maggiore esposizione.<br />Tuttavia, solo pochissimi piccoli studi hanno trovato prove a sostegno di un legame tra possedere un gatto e disturbi psicotici, come la schizofrenia. E la maggior parte di queste ricerche hanno gravi limitazioni. Per esempio, essi si basano su piccoli campioni, non specificano come sono stati selezionati i partecipanti, e non descrivono adeguatamente la presenza di dati mancanti e le spiegazioni alternative. Questo spesso può portare a risultati che nascono dal caso o sono di parte.<br />Per affrontare queste limitazioni, <a href="https://www.cambridge.org/core/journals/psychological-medicine/article/div-classtitlecuriosity-killed-the-cat-no-evidence-of-an-association-between-cat-ownership-and-psychotic-symptoms-at-ages-13-and-18-years-in-a-uk-general-population-cohortdiv/75C9A48B669BE36E947AFB0BC5CB00CA">abbiamo condotto uno studio</a> utilizzando i dati di circa 5.000 bambini che, tra il 1991 e il 1992, presero parte ad un importante studio longitudinale di genitori e bambini chiamato ufficialmente <a href="http://www.bristol.ac.uk/alspac/">Avon Longitudinal Study of Parents and Children</a>. Da allora, questi bambini e le loro famiglie sono state seguite allo scopo di raccogliere informazioni sulla loro salute, nonché sulle loro condizioni demografiche, sociali ed economiche.<br /><br />Quindi, a differenza di studi precedenti, siamo stati in grado di seguire le persone nel corso del tempo, dalla nascita alla tarda adolescenza, e affrontare una serie di limitazioni delle ricerche precedenti, tra cui il controllo per spiegazioni alternative (quali il reddito, occupazione, etnia, altri proprietari dell'animale domestico e sovraffollamento) e abbiamo tenuto conto dei dati mancanti.<br /><br />Abbiamo studiato se le madri che possedevano un gatto durante la gravidanza; quando il bambino aveva quattro anni; e 10 anni, avessero una maggiore probabilità di avere figli che, ai 13 anni e ai 18 anni di età, riferissero sintomi psicotici come paranoia o allucinazioni. Anche se la maggior parte delle persone che soffrono di sintomi psicotici durante l'adolescenza non sviluppano disturbi psicotici nel corso della vita, questi sintomi spesso indicano un aumento del rischio di tali disturbi e altre malattie mentali, compresa la depressione.<br /><br /><b>E DUNQUE I GATTI SONO DAVVERO RESPONSABILI DI ALCUNE MALATTIE MENTALI? PROBABILMENTE NO.</b></span><br />
<span class="text_exposed_show" style="background-color: white; color: #1d2129; display: inline; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 14px;"><br />Abbiamo scoperto che i bambini che sono nati e cresciuti in famiglie in cui erano presenti gatti in un qualsiasi periodo di tempo - cioè, tra la gravidanza, l’infanzia precoce e tardiva - non erano a più alto rischio di avere sintomi psicotici all’età di 13 o 18 anni. Questa scoperta, ricavata da un ampio campione rappresentativo, non è cambiata quando abbiamo usato tecniche statistiche per tenere conto dei dati mancanti e le spiegazioni alternative. Ciò significa che è improbabile che i nostri risultati abbiano una spiegazione dovuta al caso o siano polarizzati.<br /><br />Anche se questo risultato è rassicurante, non vi sono, invece, prove che collegano l'esposizione a T. gondii in gravidanza al rischio di problemi di aborto spontaneo e di nati-morti, o di salute del bambino. Nel nostro studio, non siamo riusciti a misurare direttamente l'esposizione a T. gondii, quindi le donne incinte - si consiglia - dovrebbero continuare ad evitare la manipolazione di lettiere per gatti sporche [oppure usando guanti n.d.r.] e altre fonti di infezione da T. gondii, come carni crude o poco cotte, o frutta e verdura non lavata . Detto questo, i dati dal nostro studio suggeriscono che possedere un gatto durante la gravidanza o nella prima infanzia non rappresenta un rischio diretto per la prole allo sviluppo di sintomi psicotici nella vita.<br /><br />Tradotto e adattato da: <a href="https://theconversation.com/is-there-really-a-link-between-owning-a-cat-and-mental-illness-73388">the conversation</a></span><br />
<br />
<span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "helvetica" , "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: xx-small;">Nella foto mamma Lial, il piccolo Sean e la gatta Panda, che per nove mesi ha dormito sulla pancia della donna e che ora protegge il neonato.</span></span>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-40284043933122436022017-03-14T12:38:00.001-07:002017-03-17T15:30:44.764-07:00Lettera agli amici che sono spariti a causa della mia malattia mentale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpH5FQc7ZGf8vfDTQOK8Yl27DRX4PW3LSBykl_NgbHDySRToOEDLarXmuutW-Q5u_kqQHYSTsoXtLjfpRyYbqRYJWYw_bRpSlZb89_hvkqbiOfFZD7pnjH3KIGNlA8uEBA1HSyxrL98AYt/s1600/16938879_125294134659416_5328953442994607123_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpH5FQc7ZGf8vfDTQOK8Yl27DRX4PW3LSBykl_NgbHDySRToOEDLarXmuutW-Q5u_kqQHYSTsoXtLjfpRyYbqRYJWYw_bRpSlZb89_hvkqbiOfFZD7pnjH3KIGNlA8uEBA1HSyxrL98AYt/s400/16938879_125294134659416_5328953442994607123_n.jpg" width="400" /></a></div>
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Ringraziarvi. A dire il vero la sola cosa che posso fare. Vi ringrazio per essere stati parte della mia vita nel tempo che mi siete stati vicini, e vi ringrazio per esservene andati e avermi reso una persona più forte. Si, una delle cose più difficili del convivere con la malattia mentale, è quella di vedere le persone uscire costantemente dalla tua vita, ma allo stesso tempo di avere l'opportunità di riconsiderare il valore delle tue relazioni. Se non siete in grado di avere a che fare con me nei miei momenti peggiori, allora non meritate neanche di esserci nei miei momenti migliori.<br />
<br />
Vorrei farvi sapere che la malattia mentale è reale. Il cervello è un organo meraviglioso, capace di compiti importantissimi, ma come ogni altro organo del nostro corpo si può ammalare. Il punto è che se la mente si ammala ci possono volere anni prima che la malattia si manifesti. E quando alla fine la malattia è evidente, si può essere capaci di minimizzare il dolore senza che nessuno lo noti.
Dopo però, tutto il dolore soppresso così a lungo torna indietro come un boomerang. Per chi ti sta intorno, può sembrare un cambiamento improvviso, un giro a 360° in un tempo brevissimo.
E invece era già lì da tanto, e affondava il pugnale sempre più a fondo.<br />
<br />
Ad un certo punto la depressione è così grave che alzarsi dal letto e lavarsi i denti è un traguardo. Mangiare tre volta al giorno è pressocchè impossibile, e stare al passo con i compiti scolastici una sfida. Conservare le amicizie quando non riesci ad alzarti dal letto e lavarti i denti è difficilissimo.<br />
<br />
Non mi aspetto che capiate come mi sento, anche perchè potreste non aver mai provato l'esperienza della malattia mentale, ma esserci in certi momenti è davvero importante. E invece non c'è più nessuno al mio fianco. E' per la malattia mentale? O perchè tutti hanno traslocato? Non lo so.<br />
<br />
Quello che so però è quanto sia difficile non aver accanto a te le persone che sono state le tue migliori amiche e amici. Quello che so è che la malattia mentale non mi definisce come persona.
Quello che so è che non annullerò me stessa per la malattia mentale o mi autoflagellerò per gli amici persi.
Celebrerò i piccoli traguardi che raggiungerò ogni giorno. Continuerò a prendermi cura di me stessa. Cercherò aiuto quando ne avrò bisogno.
Non lascerò che lo stigma della malattia mentale vinca."<br />
<br />
Testimonianza tradotta e adattata da: <a href="https://themighty.com/2017/02/losing-friends-mental-illness/">themighty.com</a>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-2063758835583043412017-03-07T10:44:00.000-08:002017-03-20T21:04:41.570-07:00Psicoterapia psicodinamica – c’è molto di più che sdraiarsi su un divano a parlare della propria infanzia.<div class="getty embed image" style="background-color: white; color: #a7a7a7; display: inline-block; font-family: 'Helvetica Neue',Helvetica,Arial,sans-serif; font-size: 11px; max-width: 508px; width: 100%;">
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<a href="http://www.gettyimages.com/detail/184655855" style="border: none; color: #a7a7a7; display: inline-block; font-weight: normal !important; text-decoration: none;" target="_blank">Embed from Getty Images</a></div>
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<br />
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Alcune persone pensano che la psicoterapia psicodinamica tiri avanti a forza di raccontare fandonie. Questa terapia, che ha avuto origine dalla scuola freudiana della psicoanalisi, è spesso raffigurata come elitaria, costosa, vecchio stile e inefficace. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC), al contrario, è ritratta come <i>evidence-based</i>, moderna, rapida e conveniente.<br />
<br />
C’è molta letteratura che mostra che la TCC può aiutare le persone con depressione lieve o moderata o ansia. Il risultato è che la TCC è diventata un po’ come il paracetamolo per problemi psicologici.<br />
<br />
Tuttavia, quando si tratta di problemi psicologici più profondi, la <a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/wps.20267/full">nuova ricerca suggerisce</a> che la psicoterapia psicodinamica - dove terapeuta e paziente formano una relazione terapeutica, in cui quest’ultimo comincia a pensare e a capire le relazioni passate e presenti con gli altri, considerando nuove modalità di rapportarsi con le persone - può essere efficace. Non si tratta affatto di fandonie.<br />
<br />
<br />
<b>L’offerta di soluzioni rapide</b><br />
<br />
Dal 2008 migliaia di nuovi terapeuti cognitivo-comportamentali sono stati formati per fornire un trattamento a centinaia di migliaia di persone. Questi <a href="https://www.england.nhs.uk/mental-health/adults/iapt/">servizi</a> ora sono di solito il primo approdo per chi va dal proprio medico lamentando problemi psicologici.<br />
<br />
Si dice che vi siano più di <a href="https://www.scientificamerican.com/article/are-all-psychotherapies-created-equal/">500 tipi diversi di psicoterapia</a>, che potrebbero soddisfare persone diverse, in tempi diversi e per diversi motivi. Questo fattore, però, ha finito per mettere la TCC su un piedistallo e la scelta del paziente si è molto ristretta.<br />
<br />
La TCC tende ad essere effettuata a partire da 6 fino a 12 sedute settimanali ed è offerta vis a vis (faccia a faccia), per telefono o attraverso un programma per computer. Questo mi ricorda "<a href="http://www.imdb.com/title/tt0578587/">La notte gourmet</a>" a Fawlty Towers <a href="https://www.blogger.com/%E2%80%9D#nota1″" name="”testo1″"><sup>1</sup></a> , quando c'erano solo tre opzioni del menu: anatra all'arancia, anatra con ciliegie o "anatra a sorpresa". Basil Fawlty sottolineava ironicamente: "Se non ti piace l'anatra, sei piuttosto bloccato!"<br />
<br />
Alcuni servizi hanno ora ampliato la loro offerta per includere altre terapie rapide, come ad esempio una breve versione di psicoterapia psicodinamica chiamata <a href="http://www.d-i-t.org/">terapia interpersonale-dinamica</a>, che implica 16 sedute individuali per il trattamento dei disturbi dell'umore come la depressione. Ma quando le persone hanno problemi molto complessi, probabilmente avranno bisogno di una forma di terapia più lunga.<br />
<br />
<br />
<b>Non è abbastanza buona per le linee guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence: Istituto Nazionale per la Salute e l’Eccellenza Clinica)<a href="https://www.blogger.com/null" name="nota2">[2]</a>.</b><br />
<br />
La psicoterapia psicodinamica è disponibile nei centri NHS (National Health Service: Sistema Sanitario Inglese) della <a href="https://tavistockandportman.nhs.uk/">Tavistock Clinic di Londra</a>, dove i pazienti possono essere seguiti per un anno e qualche volta anche per più tempo. In altre zone, la disponibilità tende ad essere più scarsa e <a href="http://www.nhs.uk/Conditions/Psychotherapy/Pages/Introduction.aspx">le liste di attesa si allungano</a>.<br />
<br />
Il motivo per cui non si è considerato che la psicoterapia psicodinamica, ed altri tipi di psicoterapia, funzionassero così come la TCC, è perché, anche se è presente letteratura in merito, essa è stata il tipo di ricerca sbagliata per il NICE (l'agenzia responsabile per decidere se i nuovi farmaci e trattamenti dovrebbe essere finanziato dal NHS).<br />
<br />
Il NICE ha come priorità di ricerca studi clinici controllati e randomizzati che mettono a confronto l’efficacia di un tipo di terapia rispetto ad un trattamento standard di corrente uso. La ricerca che raffronta i trattamenti tra loro, o che prende in esame un tipo di terapia nel tempo, non è apprezzata dal NICE, anche se questo approccio gerarchico di valutazione della ricerca ha i suoi <a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/cpp.1942/abstract">critici</a>, sia all'interno che all'esterno del campo della psicoterapia.<br />
<br />
<b>Uno studio gold-standard </b><br />
<br />
La nuova ricerca è il <a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/wps.20267/full">primo studio randomizzato controllato di psicoterapia psicodinamica</a> nel servizio sanitario nazionale (in parte finanziato dalla fondazione di beneficienza della Tavistock Clinic) per gli adulti con depressione grave di lunga durata.<br />
<br />
I 129 pazienti che hanno accettato di partecipare allo studio avevano già trovato gli antidepressivi - e in alcuni casi la TCC - di nessun aiuto. Questo tipo di depressione è talvolta chiamata "resistente al trattamento ".<br />
<br />
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere un trattamento di psicoterapia psicodinamica o il trattamento standard (treatment -as-usual TAU); essi sono stati trattati per 18 mesi e seguiti successivamente con controlli periodici per due anni.<br />
<br />
I risultati hanno mostrato che, quando la terapia si è conclusa dopo 18 mesi, i pazienti nel gruppo di trattamento non avevano maggiore probabilità di miglioramento rispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, due anni più tardi, un numero significativamente maggiore di persone erano migliorate nel gruppo trattato rispetto al gruppo di controllo.<br />
<br />
La maggior parte della ricerca in psicoterapia non riesce a seguire i pazienti per un periodo di tempo così lungo. Un <a href="http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(12)61552-9/fulltext">recente studio randomizzato controllato</a>, ha utilizzato la TCC per la depressione resistente al trattamento, trovando che la TCC è utile per questo tipo di depressione. Tuttavia, la TCC in questo studio è stata insolitamente lunga (18 sessioni), la gravità della depressione era leggermente inferiore a quella dello studio con psicoterapia psicodinamica, ed i pazienti hanno effettuato successivi controlli periodici per un solo anno.<br />
Poiché la depressione resistente al trattamento è a lungo termine - qualche volta può esserlo per l’intero corso della vita - ed è una condizione che rischia di tornare, controlli più a lungo termine, nel corso degli studi, sono fondamentali per capire quale impatto abbiano le diverse terapie, non solo mentre il paziente è in terapia, ma anche negli anni successivi.<br />
<br />
La psicoterapia psicodinamica non è una soluzione rapida. Al termine del trattamento, il paziente potrebbe aver bisogno di tempo per mettere in pratica ciò che ha imparato, quindi è dopo la fine della terapia che ci si può aspettare di vedere la vita dei pazienti in graduale miglioramento. Se la psicoterapia psicodinamica porta a miglioramenti due anni dopo la fine del trattamento, invece che nel corso della terapia, come suggeriscono i risultati del nuovo studio, il suo potenziale come terapia, che potrebbe fornire risultati di lunga durata, rispetto a cambiamenti transitori, dovrebbe essere interessante per i pazienti in cerca di aiuto.<br />
<br />
<br />
<b>Occorre mettere fine alle caricature</b><br />
<br />
Una <a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/wps.20235/full">recente review</a>, che ha esaminato tutte le ricerche pertinenti la psicoterapia psicodinamica, sostiene anche l'idea che questo tipo di terapia potrebbe aiutare le persone con una serie di difficoltà psicologiche tra cui la depressione, ansia e disturbi alimentari.<br />
<br />
Ciò non significa che la psicoterapia psicodinamica ora debba essere offerta a tutti. Poiché è un trattamento lungo e più complesso e non potrebbe andare bene nel modello convenzionale dell’NHS, che si basa sulla fornitura di terapie brevi per il mercato di massa, effettuate da terapeuti la cui formazione, e quindi il tempo, costa molto meno di uno psicoterapeuta psicodinamico. Ma ciò significa che alcune delle caricature tradizionali inerenti la psicoterapia psicodinamica vanno riconsiderate, in particolare l'idea che questo tipo di terapia non funziona.<br />
<br />
E’ importante che ai pazienti sia offerta una vera e propria scelta della terapia al momento giusto, in particolare per le persone le cui difficoltà sono di lunga data, complesse e gravi, dove un approccio che proponga una rapida soluzione è meno probabile che funzioni e potrebbe anche indurre le persone a smettere di cercare aiuto.<br />
<br />
Articolo tradotto e adattato da: <a href="https://theconversation.com/psychodynamic-therapy-theres-more-to-it-than-lying-on-a-couch-talking-about-your-childhood-52514">theconversation</a><br />
<br />
<div class="MsoNormal">
<a href="https://www.blogger.com/null" name="_GoBack"></a></div>
<br />
***<br />
<a href="https://www.blogger.com/%E2%80%9D#nota1″" name="”testo1″"></a>[1] Fawlty Towers è una notissima sit-come britannica trasmessa negli anni settanta dal canale televisivo BBC2.<br />
<a href="https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=6418390516728881502#nota2"><br /></a>
[2] L'Istituto Nazionale per l'Eccellenza Clinica (National Institute for Clinical Excellence, abbreviato come NICE) è stato fondato nel 1999 con la qualifica di Autorità Speciale per la Salute per l'Inghilterra ed il Galles. L'Istituto fa parte del Sistema Sanitario Nazionale Inglese (NHS). Si occupa dell'analisi della letteratura in campo medico e tecnologico biomedico, con particolare interesse per la valutazione del rapporto costo/efficacia. Il NICE pubblica Linee Guida.Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-69279657516558458662011-10-29T11:01:00.000-07:002011-10-29T11:20:50.569-07:00Importante petizione sul DSM-VGentili lettori, pubblico un'importante petizione ricevuta dal Prof. Paolo Migone, di seguito si spiegano le motivazioni. Ringrazio chi parteciperà. <br />
<br />
"Cari colleghi,<br />
<br />
Allen Frances, capo della task force del DSM-IV, è appena tornato negli Stati Uniti dopo aver tenuto alcuni seminari in Italia nei quali ha parlato delle sue critiche alle proposte del DSM-5, previsto per il 2013. Mi ha chiesto il favore, e lo faccio volentieri, di diffondere in Italia la notizia che pochi giorni fa alcune associazioni americane hanno deciso di iniziare una grande raccolta di firme, su scala mondiale, per chiedere alla task force del DSM-5 di ritirare alcune delle proposte fatte. Queste proposte del DSM-5 possono far aumentare esageratamente alcune diagnosi psichiatriche (quindi creare moltissimi “falsi positivi”), con risultato che non solo si distorcerebbero i dati epidemiologici ma soprattutto a molti cittadini verrebbero prescritti farmaci non necessari e a volte pericolosi (è fin troppo evidente in questa operazione l’interesse delle case farmaceutiche, che condizionano pesantemente la cultura e la pratica della psichiatria).<br />
<br />
<br />
Sarebbe troppo lungo qui entrare nel dettaglio di quali sono le proposte diagnostiche discutibili del prossimo DSM-5. Si può solo accennare a quella di “Sindrome da rischio psicotico”, per cui molti giovani potrebbero essere etichettati in questo modo e ricevere gli antipsicotici atipici che, oltre a essere molto costosi, possono provocare aumenti di peso (e tra l’altro pare che non diminuiscano il rischio di schizofrenia). Oppure si pensi all’ampliamento dei criteri della Depressione Maggiore che vorrebbe includere aspetti del lutto, per cui, per così dire, a molte persone verrebbe tolta la legittimità di essere tristi (con tutti gli aspetti adattivi e di “salute mentale”), verrebbero etichettate come “depresse” e riceverebbero farmaci antidepressivi (peraltro di poca efficacia, come è emerso da molte ricerche controllate), senza contare che già l’11% della popolazione americana li assume (una percentuale impressionante, che fa pensare che vengano prescritti anche a molti che non ne hanno bisogno). Oppure si pensi al Binge Eating, anch’esso ampliato nei criteri, e così via. In generale, insomma, il DSM-5 abbasserebbe molto la soglia di molte diagnosi. Le implicazioni sociologiche ed economiche di questa problematica sono fin troppo ovvie che non c’è bisogno di menzionarle.<br />
<br />
<br />
La campagna che Frances assieme a Bob Spitzer (che era stato capo della task force del DSM-III) e altri sta conducendo contro la bozza del DSM-5 ha ottenuto alcuni effetti ma non è ancora riuscita a far modificare in modo sostanziale gli aspetti più pericolosi del DSM-5, ed è per questo che è stato deciso di fare una petizione. L’idea è che, se molti membri della professione protestano contro questa bozza, gli autori del DSM-5 temano che il manuale poi venda poco o non venga seguìto, e che questa loro paura possa indurli a fare delle modifiche.<br />
<br />
<br />
La petizione è stata promossa innanzitutto da alcune Divisioni della American Psychological Association: la Division 32 (Society for Humanistic Psychology), la Division 27 (Community Psychology), la Division 49 (Society for Group Psychology and Psychotherapy), e poi dalla Association for Women in Psychology, dalla Society for Descriptive Psychology, ecc., e anche da associazioni di altri paesi. <br />
<br />
<br />
Per firmare la petizione occorre andare alla pagina web<br />
<br />
<br />
<a href="http://www.ipetitions.com/petition/dsm5/#sign_petition">http://www.ipetitions.com/petition/dsm5/#sign_petition</a><br />
<br />
<br />
e scorrerla fino in fondo dove c’è il modulo per firmare. In questa pagina vi è una “Open letter” che illustra in modo abbastanza dettagliato alcuni problemi del DSM-5. Per chi non legge l’inglese, in italiano è uscita una anticipazione di questo dibattito a pp. 247-262 del n. 2/2011 di Psicoterapia e Scienze Umane, con interventi di Bob Spitzer e Allen Frances (“Guerre psicologiche: critiche alla preparazione del DSM-5”). L’annuncio del seminario che Frances ha tenuto a Bologna il 22 ottobre scorso, organizzato dalla rivista Psicoterapia e Scienze Umane in collaborazione con la AUSL di Bologna che lo ha inserito all’interno della “Settimana della Salute Mentale”, è alla pagina web:<br />
<br />
<a href="http://www.psicoterapiaescienzeumane.it/Frances_22-10-11.htm ">http://www.psicoterapiaescienzeumane.it/Frances_22-10-11.htm </a><br />
(a questa pagina è linkata una intervista di Frances apparsa sul Corriere).<br />
<br />
La bozza del DSM-5 è all’indirizzo Internet:<br />
<a href="http://www.dsm5.org">http://www.dsm5.org</a><br />
<br />
<br />
Grazie per l’attenzione.<br />
<br />
<br />
Paolo Migone<br />
<br />
Condirettore di Psicoterapia e Scienze Umane<br />
<br />
<a href="http://www.psicoterapiaescienzeumane.it">http://www.psicoterapiaescienzeumane.it<br />
</a><br />
Via Palestro, 14<br />
<br />
43123 Parma PR<br />
<br />
Tel. 0521-960595<br />
<br />
E-Mail: migone@unipr.it"Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-33720910607000677782011-10-28T16:24:00.000-07:002011-10-28T16:28:57.925-07:00Giovanni Liotti parla della relazione fra attaccamento disorganizzato nell'infanzia e psicopatologia adulta, soffermandosi sull'importanza in psicoterapia dell'alleanza terapeutica e del sistema motivazionale cooperativo. Buona visione. (caricato su youtube da EnKoreWebTv)<iframe width="445" height="329" src="http://www.youtube.com/embed/13bI9aWUZIY" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-945767135881976802011-05-01T17:14:00.000-07:002011-05-02T18:05:33.310-07:00Riflessioni dal passato: Epicuro, Lettera a Meneceo sulla felicità<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiM1MzobYgfsTiIcER6WSdmZroAi7tdU9oGIw1I7pQBEOv-KFbVTfeAjdE3duMke6U3hofBhu05siWXZ_m3I3R3CPezXtiQ-__V1Njhykfz93lqg4rOqAID-MZ3jD079n5VUHtSrfeuYoFc/s1600/Epicuro+3.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 194px; height: 260px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiM1MzobYgfsTiIcER6WSdmZroAi7tdU9oGIw1I7pQBEOv-KFbVTfeAjdE3duMke6U3hofBhu05siWXZ_m3I3R3CPezXtiQ-__V1Njhykfz93lqg4rOqAID-MZ3jD079n5VUHtSrfeuYoFc/s320/Epicuro+3.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5602289658843061874" /></a><br /><br />"Caro Meneceo, sappi che la conoscenza della felicità non richiede un'età precisa, perché a qualsiasi età è piacevole prendersi cura della propria vita. Chi sostiene che non è ancora giunto il tempo di dedicarvisi, oppure che oramai è troppo tardi, crede che il momento giusto per farlo è alle nostre spalle oppure davanti a noi.<br />Al contrario, conoscere la felicità riguarda sia il giovane, sia l’anziano: il secondo per trarne benessere dal caro ricordo di ciò che ha realizzato, il primo per trarne forza e nutrimento e prepararsi a non temere il futuro.<br /><br />Ti mostrerò, dunque, quello che bisogna fare per ottenere la felicità, perché la sua presenza soddisfa la nostra vita, mentre la sua assenza ci spinge a fare di tutto per ottenenerla. Rifletti sulle cose che ti raccomando e, allo stesso tempo, mettile in pratica: sono fondamentali per una vita ben realizzata.<br /><br />Prima di tutto, allora, considera che la vita divina è eterna e felice, come suggerisce la comune idea che abbiamo di dio: ogni divinità possiede una vita infinita e sempre felice. Va da sé che non ci sono dubbi sull’esistenza degli dei, ma le divinità non sono come le credono molte persone, che così facendo mettono in dubbio o tradiscono le loro stesse certezze più profonde. Ricordati che non è empio e irriverente chi rifiuta la religione popolare, ma chi attribuisce agli dei le convinzioni errate della gente comune. Questi giudizi sono false opinioni, perché di volta in volta attribuiscono agli dei la causa o delle più grandi sofferenze o dei beni più straordinari. In realtà, Meneceo, gli dei sono assolutamente felici e mostrano di riconoscere la somiglianza con le persone piene di virtù, quanto di mantenere la distanza da chi ne è completamente privo.<br /><br />In secondo luogo, abituati Meneceo a pensare che la morte non è nulla per noi, perché le sofferenze o i piaceri si acquisiscono con i sensi; la morte, invece, non è altro che l’incapacità di avere coscienza.<br /><br />La consapevolezza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, scacciando l’inganno del tempo infinito che è provocato, invece, dal desiderio della immortalità. Non c'è nulla di terribile nel vivere per chi sa che non c'è nulla da temere nel non vivere più. Perciò è stupido chi sostiene di aver paura della morte, perché egli non teme la sofferenza al suo arrivo, ma piuttosto lo affligge la continua attesa di morire. E’ strano: quello che non ci turba, una volta presente, è condannato a portarci alla pazzia se è atteso in modo irrazionale.<br /><br />Invece, vedi Meneceo, la morte – considerata il più atroce di tutti i mali – non esiste per noi. Quando noi viviamo, la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo più noi.<br />Dunque, la morte non è nulla per noi, che siamo vivi, né per i morti, che non sono più.<br /><br />Invece, la gente comune fugge la morte come il peggior male, oppure la invoca come un luogo di pace rispetto ai mali che vive.<br />Nota, Meneceo, che il vero saggio ha piacere di vivere, così come non teme di non vivere più. La vita per lui non è un male, né è un male il non vivere.<br />ll saggio si comporta come nel mangiare: come sceglie i cibi migliori e non le porzioni più grandi, così si realiza non perché vive a lungo ma perché trascorre delle dolci giornate.<br /><br />Alcuni invitano il giovane a vivere bene e il vecchio a morire bene, ma questo è di nuovo sciocco non solo per la dolcezza che la vita sempre riserva – anche da vecchi - ma anche perché una bella vita ed una bella morte fanno parte dello stesso stile di comportamento. Altri, ancora peggio, dicono che è meglio non nascere per niente, oppure, una volta venuti al mondo, passare al più presto la porta dell'Ade. Se sono così convinti, perché allora non se ne vanno via da questo mondo? Se lo vogliono veramente, non glielo vieta nessuno. Se lo dicono così per dire, forse è meglio che cambino discorso. Ricordiamoci poi, Meneceo, che il futuro sì ci appartiene, ma solo in parte.<br /><br />Solo così possiamo aspettarci che non si realizzi completamente tutto ciò che vogliamo, ma anche sapere che dobbiamo svolgere la nostra parte. Così pure teniamo presente che solo alcuni desideri sono naturali e profondi, mentre molti altri invece sono inutili; e fra i naturali solo alcuni sono bisogni necessari. Alcuni di questi sono fondamentali per la felicità, altri invece per il benessere fisico, altri ancora per la stessa sopravvivenza.<br />Una conoscenza attenta dei desideri guida ogni nostra scelta, come ogni nostro rifiuto, al fine di raggiungere il benessere del corpo e la perfetta serenità della mente.<br /><br />Le cene e le feste, il godimento con i fanciulli e le donne, i buoni pesci e quanto può offrire una ricca tavola non portano la dolcezza della vita felice. Questo lo porta il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che provocano un rovellio profondo. In realtà, Meneceo, il principio e bene supremo nella condotta è la saggezza, che appunto guida la stessa filosofia, madre di tutte le altre virtù. Essa ci aiuta a comprendere che non c’è vita felice senza che sia saggia, bella e giusta, né vita saggia, bella e giusta che sia priva di felicità, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili.<br /><br />Considera, Meneceo, che vi è rispetto e ammirazione per chi ha un’opinione corretta e rispettosa degli dei, per chi non ha paura della morte e ha chiara coscienza del senso della natura, per chi ritiene che beni utili si procurano facilmente; infine per chi ritiene che i mali che affliggono profondamente la persona, lo fanno per poco, altrimenti se lo affliggono a lungo vuol dire che si possono sopportare. Questo genere d’uomo sa anche che è stupido credere che il fato sia padrone di tutto, come pensano alcuni; le cose accadono o per necessità, o per volontà della fortuna, o per volontà nostra. Se la necessità è irresponsabile e la fortuna instabile, invece la nostra volontà è libera: per questo può meritarsi lode o biasimo.<br /><br />Al posto di essere resi schiavi del destino dei materialisti, era meglio allora credere ai racconti degli dei, che almeno offrono la speranza di placare la divinità con le preghiere, invece di quest'atroce, inflessibile Necessità.<br />Al contrario la fortuna per il saggio non è una divinità come per la gente comune – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Il saggio non crede che il caso arrechi agli uomini alcun bene o male determinante per la vita<br />felice, ma sa che la fortuna può avviare grandi beni o grandi mali. Però è meglio essere senza fortuna ma saggi, piuttosto che fortunati e stolti; nella vita quotidiana, poi, preferisco che un bel progetto non vada in porto, piuttosto che abbia successo un progetto dissennato.<br /><br />Mi raccomando, Meneceo: rifletti, quando ti capita, di giorno oppure di notte, su quello che ti ho detto e su altre cose simili. Fallo da solo o con chi ti è vicino e sarai sempre libero dall'angoscia.<br /><br />Vivrai come un dio tra gli uomini, perché l’uomo che vive tra i beni immortali non sembra più neanche mortale".<br /><br />Epicuro(Samo 341 a. C. Atene 271 a.C.),<br /><em>Lettera a Meneceo sulla felicità</em><br /><br />Note:<br />Traduzione di Roberto Confessi in <em>"L'attimo fuggente e la stabilità del bene"</em>, di Salvatore Natoli. Edup Ed.Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-5017307041673416652011-04-14T11:38:00.000-07:002011-04-16T17:34:28.547-07:00Giovanni Stanghellini e la fenomenologia dell'istantaneità (SOPSI 2011): buona visione<object width="560" height="349"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/CcoPw7JnNsI?fs=1&hl=it_IT&rel=0"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><br /><embed src="http://www.youtube.com/v/CcoPw7JnNsI?fs=1&hl=it_IT&rel=0" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="435" height="305"></embed></object>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-19419444029591834482011-04-09T13:59:00.000-07:002011-04-09T14:16:53.335-07:00Il dialogo ermeneutico<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8u4az17w_TfoYR5_QH237Ib8_C3isTvqH21WreV9VtMSEzOxKbvlbJYZxCi2T6HiwSX-6_E4lf41-zWZtp0iqcqOdABrXP5qmlF-AH4eS2MQhsgGWxP2SGY8uQU4M3kaFpj0pn4UqeY7v/s1600/fenicotteri+orizzonte.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 263px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8u4az17w_TfoYR5_QH237Ib8_C3isTvqH21WreV9VtMSEzOxKbvlbJYZxCi2T6HiwSX-6_E4lf41-zWZtp0iqcqOdABrXP5qmlF-AH4eS2MQhsgGWxP2SGY8uQU4M3kaFpj0pn4UqeY7v/s320/fenicotteri+orizzonte.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5593694606544057010" /></a><br /><div align="justify"><strong>"Il dialogo ermeneutico" riflessioni di Pio Scilligo su Gadamer </strong>tratto da: Pio Scilligo (2006) "Tra Empirismo e Ermeneutica in Psicologia" Psicologia Psicoterapia e Salute,12,1,1-29. </div><br /><div align="justify">"L'ampliamento di orizzonti richiede un dialogo ermeneutico che consiste in un processo nel quale si cerca di dare senso ai significati, alle interpretazioni, agli impegni propri e degli altri quando differiscono dai propri. La comprensione genuina si avrà nella fusione degli orizzonti. </div><br /><div align="justify">Il primo passo nel dialogo ermeneutico è quello di comprendere i significati sottesi dalle prospettive delle persone in dialogo. E’ un gioco circolare tra <em>apertura</em> e <em>applicazione</em>. </div><br /><div align="justify">La fase iniziale dell'apertura (Gadamer, 1975) si fonda sul presupposto che nessuno ha un vantaggio di verità e che l'altro potrebbe avere qualcosa di importante da comunicarci. L'apertura genuina implica garantire all'altro momentanea autorità di sfidare le convinzioni e i pregiudizi del partner in dialogo (Warkne, 1987, p. 167), nel tentativo di arrivare a capire come l'interlocutore possa avere le sue convinzioni e vivere il suo modo di vedere la vita come vero e pieno di significato. La <em>fusione</em> avviene quando si è in grado di prendere una posizione di rispettosa apertura all'altro, quando concediamo all'altro l'autorità di mettere in discussione i nostri assunti e i nostri valori più profondi. Secondo Gadamer questo è il modo più autentico di metterci in relazione con l’altro. </div><br /><div align="justify">La seconda fase del dialogo, l'applicazione, implica sottoporre a prova in modo critico le intuizioni e i punti di vista emersi dall'apertura, per vedere se offrono una visione migliore per la situazione attuale e per le nuove circostanze e possibili nuove sfide: quanto viene appreso viene sempre modificato dalle proprie circostanze concrete e dal proprio contesto storico, non accettato criticamente. </div><br /><div align="justify">Ci sono dei rischi nell'uso dell'apertura e dell'applicazione. Il rischio principale dell'apertura è il conservatorismo (Warnke, 1987) che implica un'adesione cieca all'autorità e la razionalizzazione dello status quo. Un rimedio a tale non autentica razionalizzazione è un'ulteriore applicazione delle nuove scoperte alla propria situazione storica. Il rischio principale dell'applicazione è l'interpretazione opportunistica degli eventi e dei principi in modo egoisticamente autoreferenziale. Il rimedio a tale tendenza arbitraria è nuovamente una ulteriore, spesso dolorosa, apertura alle sfide degli altri in un processo nel quale l'iniziativa creativa e l'informazione conoscitiva continuano la loro danza. Gadamer (1981) ritiene che questo processo continuo di botta e risposta contraddistingua non solo la comprensione dei testi e di altre forme di discorso, ma caratterizzi anche il gioco dello svolgersi della tradizione. Secondo il modo di vedere di Gadamer, siamo sempre impegnati in un continuo dialogo tra le significative e storiche pre-comprensioni in cui siamo immersi e la continua verifica degli assunti alla luce di cosa i testi e gli interlocutori hanno da dire. L'essere umano si trova in un dialogo ininterrotto, nel quale le voci del passato sono criticamente ascoltate per trovare la verità applicabile al presente. In questo modo l'orizzonte e le domande che facciamo sono costantemente trasformati attraverso il dialogo in atto (Gadamer, 1981, p. 232)". </div>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-65741246924091870082010-09-23T15:52:00.000-07:002010-09-23T16:33:36.605-07:00Tributo in onore di Carl Ramson Rogers. Tratto da youtube e realizzato da KwanYinPusha. Il video contiene estratti dal libro "Un modo di essere".<object width="445" height="275"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/f0gnOrjxhdA?fs=1&hl=it_IT&rel=0&color1=0xcc2550&color2=0xe87a9f"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/f0gnOrjxhdA?fs=1&hl=it_IT&rel=0&color1=0xcc2550&color2=0xe87a9f" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="445" height="275"></embed></object>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-41787997582570104362010-07-07T11:47:00.001-07:002011-04-16T17:15:44.817-07:00<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQgXVJ3A3VESonEZn9ai3qWjUVv9IjSQ2jT97HXkliKt4zFBATebasK3Sp6Q9YVIILc-JspK_01j9xWr16EWccI4nomK7eXDxOdV0BCyW2jRgNR9IrfwTZGGEIgRRQ3dKS_d6ddXA575BQ/s1600/urlo-di-munch.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 253px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQgXVJ3A3VESonEZn9ai3qWjUVv9IjSQ2jT97HXkliKt4zFBATebasK3Sp6Q9YVIILc-JspK_01j9xWr16EWccI4nomK7eXDxOdV0BCyW2jRgNR9IrfwTZGGEIgRRQ3dKS_d6ddXA575BQ/s320/urlo-di-munch.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5596339478014583714" /></a><br /><div align="justify"><span style="font-family:georgia;"><strong>Cos'è l'ansia </strong><br />L'ansia è una risposta sostanzialmente fisiologica ad una sollecitazione interna o esterna che il cervello riceve. La percezione che normalmente si ha dell'ansia è, nel linguaggio comune, di qualcosa di fastidioso, che procura disagio o addirittura sofferenza nell'individuo. <br />Ogni giorno almeno dieci persone ci rispondono alla fatidica domanda Come stai? con una risposta che ci fa capire che sono ansiosi. <br />Sto correndo per non perdere l'autobus, Ho un appuntamento tra dieci minuti, Voglio arrivare in tempo per federe la partita, Scusa, ma mi chiudono i negozi, oppure Domani ho un esame, chissà… . <br />Tutti questi nostri amici e noi stessi sappiamo che per realizzare tutte quelle cose abbiamo assolutamente bisogno di una spinta, di una sollecitazione che ci muove e ci fa selezionare gli stimoli con attenzione. In realtà non potremmo vivere senza ansia: immaginiamoci ad attraversare la strada, ad aprire una porta in risposta al campanello, a prepararci per un esame. Senza l'ansia tutti questi comportamenti non potrebbero prevedere la capacità d'adattamento per rispondere ad uno stimolo che compare, talvolta d'improvviso a modificare i nostri equilibri, mentre altre volte lo conosciamo in anticipo e dobbiamo solo organizzarci. Esiste quindi una condizione connaturata con l'individuo, fatta di attese, di preparazione, di sforzo, che fornisce una risposta a ciò che internamente o esternamente ci sollecita. L'ansia nasce quindi anche dai ricordi o dalle emozioni, dalla elaborazione di quello che ci è successo in passato o che potrà accaderci in futuro. E poi c'è quella forma di ansia del tutto sconosciuta e maldestra, che proviene dall'inconscio, che non sappiamo razionalizzare e che ci attanaglia perché sfugge ad ogni identificazione. Paradossalmente questa condizione di tensione è quella che corrisponde all'equilibrio. Non potremmo vivere senza questa situazione squilibrata di equilibrio. Eppure il più delle volte non ce ne rendiamo conto: ci aspetteremmo che il benessere venga dall'assenza di stimoli, mentre questa condizione ideale corrisponde solo alla non esistenza. Il sonno stesso, ritenuto come una condizione di allontanamento dagli stimoli esterni, è invece un immenso crocevia di sollecitazioni inconsce e di elaborazioni necessarie per la vita della nostra esistenza. Bisogna quindi effettuare una sostanziale divisione tra ansia fisiologica o normale e ansia patologica. L'elemento che li distingue è la percezione che noi riceviamo dal cervello e dal corpo che lo stato di attesa è solo un punto di passaggio, un ponte capace di farci nuovamente reagire, che ci rende pronti ad una sollecitazione che ci stimola. La differenza fondamentale tra la normalità e la malattia dell'ansia consiste quindi nella percezione di disagio che proviamo quando siamo di fronte alla tensione, alla preoccupazione, al malessere che sentiamo in assenza di stimoli esterni o interni. È ansia quindi il sentirci pronti a reagire anche quando non avremmo motivo o bisogno di essere reattivi, quando siamo pronti a scattare e nulla ci allarma, quando proviamo una serie di segni fisici o psicologici anche se potremmo sentirci tranquilli e rilassati. E quando tutto ciò agisce dolorosamente sia su di noi che su quelli che a noi stanno vicini. Negli ultimi 30 anni si è potuto verificare come almeno un terzo della popolazione mondiale ha avuto o potrà avere un disturbo d'ansia nella loro vita:si è sempre pensato che i traumi psicologici potessero essere all'origine dei disturbi d'ansia mentre ora sappiamo con certezza che , nella maggior parte dei casi l'origine dell'ansia va addebitata sostanzialmente ad un disturbo, ad una malattia del cervello. Quest'impostazione non esclude la componente psicologica, né quella ambientale, sociale o educativa. Andiamo incontro ad un'integrazione, in cui dovremo accettare che anche i disturbi psicologici, come quelli fisici sono il risultato di una d'integrazione tra il nostro corpo e la nostra mente. L'ansia è dunque il crocevia tra come siamo fatti e come il mondo estremo interagisce con noi. Il risultato è che non potremo mai sperare di vivere senza ansia per quanto le regole impegnative del mondo ci impongono degli adattamenti a cui tentiamo di opporre una resistenza: è proprio il risultato di questo sforzo che caratterizza il rischio di soffrire per l'ansia. <br /><br /><strong>Il Disturbo da Attacchi di Panico ( DAP )</strong> Il DAP è caratterizzato dall'improvviso verificarsi di un senso di paura senza alcun motivo particolare o apparente, durante il normale svolgimento delle attività quotidiane. La maggior parte degli attacchi di panico raggiunge la massima intensità entro 10 minuti ed i sintomi sono caratterizzati da iperventilazione, tremori, movimenti oscillatori, sensazione di caldo o di freddo, sudorazione profusa, nausea, palpitazioni, dolori al petto. Alcuni presentano il fenomeno della depersonalizzazione ossia hanno la sensazione di trovarsi all'esterno del proprio corpo e di guardarsi dall'alto. Altri hanno invece la sensazione che il proprio corpo sia irreale, in questo caso si parla di derealizzazione. Ogni attacco può provocare una preoccupazione sempre maggiore, chiamata ansia anticipatoria che può aumentare fino a colmare le ore o le giornate che separano un attacco da un altro. Circa 1/3 dei giovani adulti ha almeno un attacco di panico tra 15 ed i 35 anni e, secondo il DSM IV dall'1.5 al 3.5% della popolazione mondiale sviluppa un disturbo da attacchi di panico nel corso della propria vita. Sembra esserci una causa biologica a tutto ciò: trigger difettoso della parte del cervello che normalmente scatena la reazione di difesa allo stress o fuga: durante un attacco di panico il cervello segnala un pericolo che nella realtà non c'è. Esiste inoltre una predisposizione genetica e quindi familiarità per questo disturbo. Il Dap si sviluppa e si aggrava gradualmente: inizialmente l'attacco o gli attacchi possono verificarsi improvvisamente, successivamente possono invece manifestarsi subito rima o subito dopo l'incontro con una persona, con un oggetto o con una situazione che determina ansia. Con l'accrescersi dell'ansia anticipatoria molte persone preferiscono evitare i luoghi le situazioni in cui si sono manifestati precedenti attacchi sviluppando agarofobia, nonostante essi non sappiano bene di cosa abbiano paura: l'importante è evitare l'attacco. Un esempio: inizialmente questi soggetti possono svolgere normalmente la loro attività quotidiana, se gli attacchi proseguono, tuttavia, si assisterà ad una graduale eliminazione della propria vita di relazione e lavorativa fino alla totale inabilità. Immaginiamo una giovane donna che non ha mai sofferto di ansia in passato che un giorno, d'improvviso, senza nessun segno premonitore, in una situazione di assoluta apparente normalità viva questo episodio. In un momento qualsiasi e in un posto qualsiasi di una giornata qualsiasi ha, d'improvviso la sensazione di essere prossima alla sua morte. Senza ragione viene assalita da giramenti di testa, dolori di stomaco, oppressione del respiro, tremori a tutto il corpo, brividi, nausea: una tempesta neuro vegetativa dalla quale teme che non uscirà mai e che per quanto duri pochi minuti sembra eterna. Questa persona al termine dell'attacco di panico cerca un sollievo da chiunque glielo possa dare: spiegandole cosa è successo, rassicurandola, dandole una pacca sulla spalla, dandole un farmaco o un consiglio che ridimensioni il terrore assoluto provato. La storia se non si interviene con una terapia adatta, dura per tempi infiniti. La prima preoccupazione sarà quella d'individuare la malattia fisica di cui soffre, e sarà senza risposta con il rischio di diventare ipocondriaci; la seconda sarà quella di mettere, inutilmente tra sé e il panico una distanza di sicurezza. Per questo comincerà ad evitare cioè a non fare tante piccole grandi cose della vita quotidiana con la scusa che potrebbero farla stare male. Alla fine degli evitamenti rimarrà solo la segreta aspettativa, mai corrisposta, che starsene chiusi dentro casa per il resto della vita, eviterà gli attacchi. La terza preoccupazione è quella di mantenere sempre un elevato livello di ansia anticipatoria, quella condizione fittizia di poter interferire, mantenendo un elevato livello di paura di avere paura con il decorso della malattia. <br /><br />Diagnosi del disturbo di panico.<br />Gli psicologi e gli psichiatri possono diagnosticare un disturbo di panico con o senza agorafobia con l'aiuto dei cosiddetti criteri diagnostici del DSM IV, ovvero del manuale diagnostico per i disturbi psichici. Questi criteri sono per lo più frutto di studi a tavolino, in cui vengono presi come indicativi alcuni segnali che sono statisticamente accoppiati a questo disturbo (infatti la S in DSM sta proprio per statistico). Nella pratica clinica tuttavia gli attacchi di panico sono qualcosa di più ampio e, da un punto di vista proprio pragmatico, possono essere presi in considerazione, con le stesse tipologie di trattamento anche classi di configurazioni di segnali non in linea con quelli descritti nel manuale diagnostico. Secondo l'esperienza degli psicoterapeuti che si occupano approfonditamente di questo disturbo, infatti, quella che più di ogni altra componente caratterizza il disturbo di panico è senza dubbio la paura del prossimo attacco. Anche se per attacco dovesse venire indicato soggettivamente dall'individuo qualcosa che per il manuale diagnostico non dovrebbe corrispondere ad un vero e proprio attacco. Per lo psicoterapeuta una persona è soprattutto ciò che prova, non una statistica su una tabella. La seconda componente che caratterizza l'attacco, nel disturbo di panico, è il fatto che tale attacco possa insorgere apparentemente in qualunque momento e in qualunque luogo. In certi casi gli attacchi sembrano essere legati a luoghi, a persone o a periodi della giornata. In altri sembrano legati a situazioni. In ogni caso non c'è qualcosa di esclusivo, altrimenti si potrebbe parlare di fobie specifiche, claustrofobia, ipocondria o fobia sociale. <br /><br /><strong>CRITERI PER L’ATTACCO DI PANICO </strong><br />I criteri diagnostici per l’attacco di Panico secondo il DSM-IV-TR* sono i seguenti: <br />Un periodo preciso di paura o disagio intensi, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti: <br />1.palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia <br />2.sudorazione <br />3.tremori fini o a grandi scosse <br />4.dispnea o sensazione di soffocamento <br />5.sensazione di asfissia <br />6.dolore o fastidio al petto <br />7.nausea o disturbi addominali <br />8.sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento <br />9.derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi) <br />10.paura di perdere il controllo o di impazzire <br />11.paura di morire <br />12.parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio) <br />13.brividi o vampate di calore. <br />* American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano. <br /><br /><strong>Il sintomo degli attacchi di panico</strong>: cosa significa Questi segnali somigliano alla classica risposta attacca o fuggi che gli esseri umani sperimentano quando sono in una situazione di pericolo. Durante un attacco di panico, invece, questi sintomi sembrano spuntare fuori dal nulla. Possono capitare in situazioni apparentemente inoffensive, addirittura mentre si dorme. La causa sostanzialmente può essere imputata a due fattori: mentale e fisico. <br />Un attacco di panico è contrassegnato dalle seguenti condizioni: <br />■Capita improvvisamente, senza preavviso e senza modo di fermarlo <br />■Il livello di paura non è affatto proporzionale alla situazione corrente. In realtà, spesso non è affatto correlato. <br />■Dura da pochi minuti a mezz'ora circa; il corpo non riesce a sostenere la risposta attacca o fuggi più a lungo di così. <br />Attacchi di panico ripetuti possono tuttavia ricorrere di continuo per ore. <br />Un attacco di panico non è pericoloso, ma può essere terrificante, soprattutto perché si sente di perdere completamente il controllo. Il disturbo è così grave non solo per via degli attacchi di panico in sé, ma anche perché spesso porta ad altre complicazioni quali depressione e abuso di psicofarmaci. Gli effetti possono variare dal deterioramento delle relazioni sociali all'incapacità completa di affrontare il mondo esterno. Evitamento situazionale Di fatto le fobie che sviluppano le persone con disturbo da attacchi di panico non vengono dalla paura di oggetti o eventi reali, ma piuttosto dalla paura di avere un altro attacco. In alcuni casi, le persone eviteranno certi oggetti o situazioni (evitamento situazionale) per via della loro paura che queste possano far scaturire un altro attacco e subire ancora i sintomi degli attacchi di panico. fonte: www.sipsi.org </span></div>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-25519880639067040252010-07-07T11:38:00.001-07:002011-05-03T13:38:24.839-07:00Nosografia dei Disturbi della Personalità secondo il DSM-IV-TR<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6OKmmpw5hI0PPgMEHAdEbDGsXFS5Ml6oAeQUZOvnpVXM8wX7oQ51qomLcZ1ag74Tne8SMzroAoKNN_6XWmrXMPPNRH0dcywJ1ScNDgm4w8W91Rq1Hz-fUXEWaeu7j22M0oD1fKMF1r5_A/s1600/dp+dsm.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 125px; height: 156px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6OKmmpw5hI0PPgMEHAdEbDGsXFS5Ml6oAeQUZOvnpVXM8wX7oQ51qomLcZ1ag74Tne8SMzroAoKNN_6XWmrXMPPNRH0dcywJ1ScNDgm4w8W91Rq1Hz-fUXEWaeu7j22M0oD1fKMF1r5_A/s320/dp+dsm.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5602591947865139362" /></a><br /><strong><em><span style="font-size: 12pt;"><br /><p><span style="color: #800080;">Disturbi di Personalità del Gruppo A</span></p><br /></span></em></strong><br /><p><em><span style="text-decoration: underline;"><span style="color: #993366;"><strong>Disturbo Paranoide di Personalità</strong></span></span><br /></em></p><br /><p><br />A. Diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti degli altri (tanto che le loro intenzioni vengono interpretate come malevole), che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:<br />1) sospetta, senza una base sufficiente, di essere sfruttato, danneggiato o ingannato.<br />2) dubita, senza giustificazione della lealtà o affidabilità di amici o colloghi,<br />3) è riluttante a confidarsi con gli altri a causa di un timore ingiustificato che le informazioni possano essere usate contro di lui<br />4) scorge significati nascosti umilianti o minacciosi in rimproveri o altri eventi benevoli,<br />5)porta costantemente rancore, cioè, non perdona gli insulti, le ingiurie o le offese,<br />6) percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri, ed è pronto a reagire con rabbia o contrattaccare,<br />7) sospetta in modo ricorrente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del patner sessuale,<br />B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia, di un Disturbo dell'Umore con Manifestazioni Psicotiche, o di altro Disturbo Psicotico, e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una condizione medica generale.<br /><br /><strong>Nota: </strong>se i criteti risultano soddisfatti prima dell'esordio della Schizofrenia, aggiungere "Premorboso", per es., "Disturbo Paranoide di Personalità (Premorboso)". <br /><br /><br /><em><strong><span style="text-decoration: underline;"><span style="color: #993366;">Disturbo Schizoide di Personalità</span></span></strong><br /></em><br />A.Una modalità pervasiva di distacco dalle relazioni sociali ed una gamma ristretta di espressioni emotive, in contesti interpersonali, che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:<br />1) non desidera nè prova piacere nelle relazioni strette, incluso il far parte di una famiglia,<br />2) quasi sempre sceglie attività solitarie,<br />3) dimostra poco o nessun interesse per le esperienze sessuali con un'altra persona,<br />4) prova piacere in poche o nessuna attività,<br />5) non ha amici stretti o confidenti, eccetto i parenti di primo grado,<br />6) sembra indifferente alle lodi o alle critiche degli altri,<br />7) mostra freddezza emotiva, distacco o affettività appiattita.<br />B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia, di un Disturbo dell'Umore con Manifestazioni Psicotiche, di un altro Disturbo Psicotico, o di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, e non è dovuto agli effetti fisiuologici diretti di una condizione medica generale.<br /><br /><strong>Nota</strong>: Se i criteri risultano soddisfatti prima dell'esordio della Schizofrenia, aggiungere "Premorboso", per es., "Disturbo Schizoide di Personalità (Premorboso)".<br /><br /><br /><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Schizotipico di personalità</strong></span></span><br /><br /></em>A. Una modalità pervasiva di relazioni sociali ed interpersonali deficitarie, evidenziate da disagio acuto e ridotta capacità riguardanti le relazioni strette, e da distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità del comportamento, che compaioni nella prima età adulta, e sono presenti in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elemnti:<br />1) idee di riferimento (escludento i deliri di riferimento),<br />2)credenze strane o pensiero magico, che influenzano il comportamento, e sono in contrasto con le norme subculturali (per es., superstizione, credere nella chiaroveggenza, nella telepatia o nel "sesto senso"; nei bambini e adolescenti fantasie e pensieri bizzarri),<br />3) esperienze percettive insolite, incluse illusioni corporee,<br />4) pensiero e linguaggio strani (per es., vago, circostanziato, metaforico, iperelaborato o stereotipato),<br />5) sospettosità o ideazione paranoide,<br />6) affettività inappropriata o coartata,<br />7) comportamento o aspetto strani, eccentrici, o peculiari,<br />8) nessun amico stretto o confidente, eccetto i parenti di primo grado,<br />9) eccessiva ansia sociale, che non diminuisce con l'aumento della familiarità, e tende ad essere associata con preoccupazioni paranoidi piuttosto che con un giudizio negativo di sè.<br />B. Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia, di un Disturbo dell'Umore con manifestazioni Psicotiche, di un altro Disturbo Psicotico o di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo.<br /><br />Nota: Se i criteri risultano soddisfatti prima dell'esordio della schizofrenia aggiungere "Premorboso", per es., "Disturbo Schizotipico di personalità (Premorboso)".<br /><br /><br /><span style="color: #993366;"><strong><strong><span style="font-size: 12pt;">Disturbi di Personalità del Gruppo B</span></strong></strong></span></p><br /><p><strong><br /></strong><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Antisociale di personalità</strong></span></span><br /><br /></em>A. Un quadro pervasivo di innoservanza e di violazione dei diritti degli altri che si manifesta fin dall'età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elemnti:<br />1) incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comprtamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto,<br />2) disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale,<br />3) impulsività o incapacità di pianificare,<br />4) irritabilità o aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti,<br />5) inosservenza spericolata della sicurezza propria e degli altri,<br />6) irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un'attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari,<br />7) mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal razionalizzare dopo aver danneggiato, matrattato o derubato qualcuno.<br /><br />B. L'individuo ha almeno 18 anni.<br /><br />C. Presenza di un Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni di età.<br /><br />D. Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia o di un Episodio Maniacale.<br /><br /><br /><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Borderline di Personalità</strong></span></span><br /><br /></em>A. Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell'immagine di sè e dell'umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:<br />1) sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono. <strong>Nota</strong> Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel criterio 5,<br />2) un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall'alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione,<br />3) alterazione dell'identità: immagine di sè e percezione di sè marcatamente e persistentemente instabili,<br />4) impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate. <strong>Nota</strong> Non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel criterio 5,<br />5) ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante,<br />6) instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell'umore (per es., episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore, e soltanto raramente più di pochi giorni,<br />7) sentimenti cronici di vuoto,<br />8) rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici),<br />9) ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.<br /><br /><br /><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo istrionico di Personalità</strong></span></span><br /></em><br />A. Un quadro pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:<br />1) è a disagio in situazioni nelle quali non è al centro dell'attenzione,<br />2) l'interazione con gli altri è spesso caratterizzata da comportamento sessualmente seducente o provocante,<br />3) manifesta un'espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale,<br />4) costantemente utilizza l'aspetto fisico per attirare l'attenzione su di sè,<br />5) lo stile dell'eloquio è eccessivamente impressionistico o privo di dettagli,<br />6) mostra autodrammatizzazione, teatralità, ed espressione esagerata delle emozioni,<br />7) è suggestionabile, cioè facilmente influenzato dagli altri e dalle circostanze,<br />8) considera le relazioni più intime di quanto non siano realmente.<br /><br /><br /><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Narcisistico di Personalità</strong></span></span><br /></em><br />A. Un quadro pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:<br />1) ha un senso grandioso di importanza (per es., esagera risultati e talenti, si aspetta di essere notato come superiore senza una adeguata motivazione),<br />2) è assorbito da fantasie illimitate di successo, potere, fascino, bellezza, e di amore ideale,<br />3) crede di essere "speciale" e unico, e di dover frequentare e di poter essere capito solo da altre persone (o situazioni) speciali o di classe elevata,<br />4) richiede eccessiva ammirazione,<br />5) ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, cioè, la irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie apsettative,<br />6) sfruttamento interpersonale, cioè, si approfitta degli altri per i propri scopi,<br />7) manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti o le necessità degli altri,<br />8) è spesso invidioso degli altri, o crede che gli altri lo invidino,<br />9) mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntuosi.<br /><br /><br /><strong><span style="font-size: 12pt;"><span style="color: #993366;"><strong>Disturbi di Personalità del Gruppo C</strong></span></span></strong></p><br /><p><strong><span style="font-size: 12pt;"><br /></span></strong><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Evitante di Personalità</strong></span></span><br /></em><br />A. Un quadro pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza, e ipersensibilità al giudizio negativo, che compare entro la prima età adulta, ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:<br />1) evita attività lavorative che implicano un significativo contatto interpersonale, poichè teme di essere criticato, disapprovato o rifiutato,<br />2) è riluttante nell'entrare in relazione con persone, a meno che non sia certo di piacere,<br />3) è inibito nelle relazioni intime per il timore di essere umiliato o ridicolizzato,<br />4) si preoccupa di essere criticato o rifiutato in situazioni sociali,<br />5) è inibito in situazioni interpersonali nuove per sentimenti di inadeguatezza,<br />6) si vede come socialmente inetto, personalmente non attraente, o inferiore agli altri,<br />7) è insolitamente riluttante ad assumere rischi personali o ad ingaggiarsi in qualsiasi nuova attività, poichè questo può rilevarsi imabarazzante.<br /><br /><br /><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong><em>Disturbo Dipendente di Personalità</em></strong></span></span></p><br /><p><em><br /></em>A. Una situazione pervasiva di eccessiva necessità di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:<br />1) ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza richiedere una eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni,<br />2) ha bisogno che altri si assumano le responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita,<br />3) ha difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione. <strong>Nota</strong> Non includere timori realistici di punizioni,<br />4) ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomanamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di energia o di motivazione),<br />5) può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto dagli altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli,<br />6) si sente a disagio e indifeso quando è solo per timori esagerati di essere incapace di provvedere a se stesso,<br />7) quando termina una relazione stretta, ricerca urgentemente un'altra relazione come fonte di accudimento e di supporto,<br />8) si preoccupa in modo non realistico di essere lascito a provvedere a se stesso.<br /><br /><br /><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità</strong></span></span><br /></em><br />A. Un quadro pervasivo di preoccupazione per l'ordine, il perfezionismo, e controllo mentale e interpersonale, a spese di flessibilità, apertura ed efficienza, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:<br />1) attenzione per i dettagli, le regole, le liste, l'ordine, l'organizzazione o gli schemi, al punto che va perduto lo scopo principale dell'attività,<br />2) mostra un perfezionismo che interferisce con il complatemento dei compiti (per es., è incapace di completare un progetto perchè non risultano soddisfatti i suoi standard olttremodo rigidi),<br />3) eccessiva dedizione al lavoro e alla produttività, fino all'esclusione delle attività di svago e delle amicizie,<br />4) esageratamente coscienzioso, scrupoloso, inflessibile in tema di moralità, etica o valori (non giustidicato dall'appartenenza culturale o religiosa),<br />5) è incapace di gettare via oggetti consumati o di nessun valore, anche quando non hanno alcun significato affettivo,<br />6) è riluttante a delegare compiti o a lavorare con altri, a meno che non si sottomettano esatamente al suo modo di fare le cose,<br />7) adotta una modalità di spesa improntata all'avarizia, sia per sè che per gli altri; il denaro è visto come qualcosa da accumulare in vista di catastrofi future,<br />8) manifesta rigidità e testardaggine.<br /><br /></p><br /><div><strong><span style="color: #993366;">**************************</span></strong></div><br /><p><em><span style="color: #993366;"><span style="text-decoration: underline;"><strong>Disturbo di Personalità Non Altrimenti Specificato</strong></span></span><br /></em></p><br /><div>Questa categoria è riservata alle alterazioni del funzionamento della personalità che non soddisfano i criteri per alcuno specifico Disturbo di personalità. Un esempio è la presenza di caratteristiche di uno o più Disturbi di Personalità specifici che non soddisfano completamente i criteri per nussun Disturbo di personalità ("personalità mista"), ma che nel complesso causano disagio clinicamente significativo o compromissione in una o più aree importanti del funzionamento (per es., sociale o lavotativo). Questa categoria può anche essere utilizzata quando il clinico giudica che sia appropriato uno specifico Disturbo di Personalità che non è incluso nella Classificazione. Gli esempi includono il Disturbo Depressivo di Personalità e il Disturbo Passivo-Aggressivo di Personalità.</div><br /><hr class="clear-contentunit" /><br /><!-- C. FOOTER AREA -->Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-17344927981547362852009-06-14T18:02:00.001-07:002017-03-16T16:43:49.671-07:00“Le carezze e il bisogno di riconoscimento nell’Analisi Transazionale” <br />
<style type="text/css"> <!-- @page { margin: 2cm } P.sdendnote { margin-bottom: 0cm; font-size: 10pt } P { margin-bottom: 0.21cm } A:link { color: #0000ff } </style> <br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5ZYGyNGaaHscMNQm6D-Ka51ge_fxx5ovxQrupsoAVgOVavbr3MtEVSmPOMJSaFJ8Vr5WxIqY9eCrYVLfFxQ46Jxab1YXVAlUE6GTBvA2n2Mp7yB-WvWZBeBuBoxkVs1lVh-Jcj4YzUMkI/s1600/dad-1716160_1280.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5ZYGyNGaaHscMNQm6D-Ka51ge_fxx5ovxQrupsoAVgOVavbr3MtEVSmPOMJSaFJ8Vr5WxIqY9eCrYVLfFxQ46Jxab1YXVAlUE6GTBvA2n2Mp7yB-WvWZBeBuBoxkVs1lVh-Jcj4YzUMkI/s400/dad-1716160_1280.jpg" width="400" /></a></div>
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<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>carezza</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>(stroke)</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> è uno dei concetti più affascinanti, ma allo stesso tempo semplici ed efficaci, dell’Analisi Transazionale, un approccio alla comprensione degli esseri umani, fondato dallo psichiatra canadese Eric Berne negli anni ’50; l’idea originale di Berne fu quella di contraddistinguere la carezza come </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>l’unità di riconoscimento</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> sociale. Prima di passare ad esporre le idee e i tipi di </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>bisogni</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> individuati ed elaborati da Berne e dagli altri autori dell’Analisi Transazionale, farò un piccolo richiamo agli studi che dimostrano l’importanza delle carezze e del relativo scambio affettivo. </span></div>
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<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Fin dalla nascita, uno dei bisogni fondamentali del cucciolo d’uomo è il contatto, l’intimità fisica e la manipolazione. Questi stimoli, al pari della necessità del cibo, sono essenziali per uno sviluppo sano. Numerose sono le ricerche che hanno esaminato come la deprivazione sensoriale, sia nei bambini che negli adulti, provoca danni anche irreparabili [1]. Renè Spitz [2], psicoanalista di origine austriaca, dimostrava per primo che i neonati, se privati a lungo di stimolazioni fisiche, possono sviluppare forme psicopatologiche che, in casi estremi, arrivano fino alla morte. L’autore osservava che bambini, ospedalizzati oppure orfani, anche se ben nutriti, tenuti al caldo e puliti, sviluppavano problemi fisici ed emotivi in misura significativamente più alta del gruppo di controllo composto da bambini allevati dalle loro madri o da altri che si prendessero cura di loro con sollecitazioni tattili e sensoriali. I bambini del primo gruppo spesso venivano lasciati soli e soffrivano della mancanza delle carezze, del contatto fisico e delle coccole che normalmente i neonati ricevono dalle loro madri. I disturbi evolutivi, che avevano origine da una tale deprivazione, potevano spingersi fino ad una forma di patologia che Spitz denominava </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>depressione anaclitica</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> (sindrome dell’abbandono), per la quale il bambino poteva lasciarsi andare e deperire finanche alla morte. Del resto, il bisogno di stimolazioni fisiche non contraddistingue solo l’essere umano, ma anche gli altri animali; Harlow [3], difatti, dimostrava che costringere un neonato di scimmia all’isolamento significa decretarne la morte psicologica. Egli verificava che piccoli di scimmie, separati dalla madre, anche se nutriti artificialmente, avevano bisogno del contatto di una madre - calda e morbida - per crescere sani [4]. Le scimmie deprivate di contatto sociale dalla nascita, crescendo, si dimostravano aggressive e con gravi sintomi di disadattamento [5]. </span></div>
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<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Eric Berne scelse il termine </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>carezza, </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">come </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>l’unità di riconoscimento</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> sociale, proprio per rievocare questo bisogno di contatto fisico degli infanti.</span></div>
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<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
</div>
<div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"></span><br />
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Con “carezza” si indica generalmente l’intimo contatto fisico; nella pratica il contatto può assumere forme diverse. C'è chi accarezza il bambino, chi lo bacia, gli dà un buffetto o un pizzicotto. [...] Per estensione, con la parola "carezza" si può indicare familiarmente ogni atto che implichi il riconoscimento della presenza di un'altra persona. [6] </span></blockquote>
</blockquote>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span><br />
<blockquote class="tr_bq">
<br /></blockquote>
</div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Da grandi, come sostiene l’autore, aneliamo ancora ad un contatto fisico ed anche se impariamo a sostituirlo con forme simboliche di riconoscimento, ci sentiamo deprivati se non riceviamo le carezze di cui abbiamo bisogno. </span><br />
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<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Tre sono le tipologie di </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>bisogni</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> fondamentali individuati da Berne [7]: - la prima è la </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>fame di stimoli</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, ossia il bisogno di stimolazione fisica, sensoriale e mentale, di cui si è parlato sopra; la seconda è la </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>fame di riconoscimenti o di carezze</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, questo bisogno di carezze, intese nel senso berniano sopra indicato, si affianca al primo con il progredire dello sviluppo psicosomatico; la terza è la </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>fame di struttura,</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> considerata l’estensione dei precedenti bisogni e che approfondiremo più tardi. Concentriamoci ora sulla seconda. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Da adulti le carezze, </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>verbali</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> e </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non verbali</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, con le quali riusciamo ad appagare il nostro bisogno di essere toccati e riconosciuti, possono essere rappresentate anche da dei complimenti, un sorriso, una stretta di mano, un’occhiata benevola etc. Tuttavia non esistono solo le carezze</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i> positive</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, ma esse possono essere anche </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>negative </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">ed esperite come spiacevoli, esempi sono le critiche, le umiliazioni, gli insulti, le frasi sarcastiche etc. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Può sembrare assurdo, ma un principio fondamentale che anima il comportamento degli esseri umani è che: </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>qualsiasi tipo di carezza è meglio di nessuna carezza</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>,</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> ovvero il nostro bisogno di essere accarezzati è così importante che se non riceviamo sufficienti carezze positive, faremo in modo di avere almeno quelle negative. Crudeli esperimenti di laboratorio dimostrano che topi, sottoposti a dolorose scariche elettriche, crescono meglio di quelli che, soggetti ad identiche condizioni, non hanno alcun tipo di stimolazione [8]. Nei bambini è semplice verificare questo principio, se ci dedichiamo ad osservarli, possiamo accorgerci facilmente di quanto essi preferiscano escogitare sistemi per ottenere carezze negative piuttosto che rimanere nella totale indifferenza. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Nella tipologia delle carezze, si distinguono anche le carezze </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>condizionate</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, da quelle </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>incondizionate.</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> Le prime si riferiscono a ciò che la persona ha fatto nel concreto, ad esempio: un complimento per un lavoro eseguito o, se negative, una critica su un particolare errore commesso; le seconde, invece, si riferiscono a ciò che la persona è, esempi sono: in positivo, affermazioni come: “</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Ti voglio bene</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">” (perché sei tu), “</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>E’ bello averti qui</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">”; in negativo </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>“Non ti sopporto!”</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, “</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Sei un incapace</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">”. Si può osservare che nell’educazione dei figli, ma non solo, le carezze incondizionate positive contengono il messaggio </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>“Tu sei OK”,</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> donano una piacevole sensazione di benessere e favoriscono una crescita autonoma, al contrario, quelle incondizionate negative sono distruttive ed assolutamente inutili. Tornando ancora alle carezze condizionate, è utile considerare che, se sapientemente utilizzate, sono un utile strumento per insegnare comportamenti adeguati poiché agiscono come un rinforzo: quelle negative possono essere usate come critiche costruttive, che aiutano la persona a comprendere cosa c’è che non va nello specifico; quelle positive, invece, aiutano la persona a conoscere meglio le proprie capacità. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Non solo noi esseri umani ci accontentiamo delle carezze negative lì dove mancano quelle positive, ma in aggiunta a questo, fin da bambini impariamo ad utilizzare un </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>filtro delle carezze</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>, </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">cioè preferiamo alcune carezze e ne svalutiamo altre in base alle nostre inclinazioni, ai modelli di apprendimento e alle nostre convinzioni personali, anche se questo può comportare una deprivazione dei nostri bisogni di riconoscimento [9]. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ma non è finita qui, non trovate evidente che le carezze che possiamo scambiarci nelle nostre relazioni interpersonali siano potenzialmente infinite? Eppure le analisi di Claude Steiner [10] portavano in luce che i bambini occidentali vengono allevati secondo una rigida </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Economia delle carezze</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, che segue cinque regole fondamentali: </span></div>
<br />
<ol>
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non dare carezze;</i></span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non chiedere carezze quando ne hai bisogno o le desideri;</i></span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non accettare carezze anche se le desideri;</i></span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non respingere le carezze quando non le desideri, o anche se non ti piacciono; </i></span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>non accarezzare te stesso</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>. </b></span></div>
</li>
</ol>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Con queste regole i genitori insegnano ai bambini che le carezze sono in quantità limitata, con il vantaggio di accentrare su di loro una sorta di </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>monopolio </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[11]</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i> </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">delle carezze: - i bambini hanno</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b> </b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">bisogno di carezze per crescere e ben presto imparano come ottenerle, e</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b> </b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">cioè comportandosi come mamma e papà vogliono. Inconsapevolmente gli adulti continuano a vivere secondo queste regole, ma il prezzo che pagano è quello di una vita parzialmente deprivata, con limitati scambi affettivi e un dispendio di energie alla ricerca di carezze ritenute erroneamente esigue. In tal modo il nostro bisogno di riconoscimento rischia perennemente di rimanere insoddisfatto. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E allora che fare? Innanzitutto, per imparare a scambiarci carezze in maniera autentica ed appagante, occorre darci il permesso di violare queste regole implicite. Gli Analisti Transazionali Wollams & Brown [12], per aiutarci in questo percorso, hanno elaborato dei suggerimenti preziosi e stimolanti, che meritano di essere citati integralmente:</span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm; text-indent: 1.25cm;">
“<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>Dare</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>. Dare carezze è OK. Raramente si vizia qualcuno dandogli troppe carezze positive. Per i primi 18 mesi di vita, o giù di lì, si possono liberamente dare carezze positive ai propri bambini che le assorbiranno e diventeranno felici, ottimisti e avranno un corpo sciolto e sano; e questo sarà un piacevole aiuto per il resto della loro vita. Le carezze positive sono anche ben accette e desiderate anche da bambini più grandi: solo l’eccesso rallenta la crescita. Carezze positive date da amici, innamorati, dipendenti di lavoro e altri avranno come risultato un senso di benessere e piacevoli rapporti reciproci. Se si è aperti a queste carezze, vi sarà una tendenza a ottenere in cambio una quantità uguale a quella data. Molte persone desiderano dare carezze solo dopo averle ricevute dagli altri. Dando per primi si ottengono migliori risultati. </i></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>Prendere</b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>.</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b> </b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Anche ricevere carezze è OK. Ce le meritiamo! Non si deve fare i difficili. Osservate come i neonati o i bambini piccoli non si preoccupano se la carezza è di prim’ordine o superlativa. Prosperano con qualsiasi cosa sia positiva e non si preoccupano neppure di dire grazie, ma solo di assorbire lentamente la carezza e di sentirsi bene. Quando dicono grazie, è segno che hanno ricevuto la carezza e non che volevano compiacere qualcuno. Gli adulti ben educati, che non sanno che è OK ricevere carezze positive, dicono velocemente grazie e si scrollano via la carezza o si irrigidiscono domandandosi cosa devono fare per restituire il favore. Una carezza data liberamente non obbliga a nessuna risposta. Se fa bene, prenditela, godila, senza cercare complicazioni!</i></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>Chiedere carezze. </b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>E’ OK anche chiedere carezze, e quelle che si ottengono domandandole hanno la stessa importanza di quelle date spontaneamente. Non dobbiamo aspettarci che la gente ci legga nel pensiero quello che desideriamo. Il neonato piange per ottenere il tipo di attenzioni che vuole e ne gioisce quando le ottiene. Questo sistema di chiedere direttamente ciò che si vuole aumenta al massimo le possibilità di ottenerlo, ed è un buon sistema per ogni età. </i></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b>Rifiutare di dare carezze. </b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Non si è obbligati a dare agli altri quello che vogliono. Quando si dà mentre in realtà non si ha voglia di farlo, non se ne ricava nessuna gioia e neppure l’altra persona si sentirà bene. Purtroppo quelli che danno carezze, sia quando desiderano che quando non lo desiderano, presumono che gli altri si comportino allo stesso modo, e così svalutano la maggior parte delle carezze che ricevono. Dai solo quello che desideri dare e aiuta a stabilire una onesta gestione delle carezze.”</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i><b> </b></i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i></i></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-indent: 1.25cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Torniamo ora alla </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>fame di struttura </b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">sopra accennata, vediamo che con essa Berne si riferiva alla necessità che ogni individuo ha di strutturare il tempo. Più la società è evoluta, più la struttura del tempo è importante, poiché non è più madre Natura a scandire il tempo con i suoi ritmi, ma l’essere umano vive costantemente immerso in una moltitudine di stimoli e per poter organizzare il proprio bisogno di contatto sociale, ha la necessità di definire delle strutture temporali in cui scambiarsi di carezze [13]. Berne descrive sei forme diverse di strutturazione del tempo: </span></div>
<br />
<ol>
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>isolamento</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">: si verifica quando siamo talmente assorbiti dai nostri pensieri e dalle nostre fantasie che ci estraniamo dagli altri. Può essere importante se vogliamo riflettere o ricaricarci, ma spesso rappresenta una scelta di ripiego con la quale ci blocchiamo dall’intraprendere ciò che realmente desideriamo; </span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>rituale</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">: sono scambi in cui le persone si comportano in modo stereotipato e prevedibile, può essere molto breve come nei saluti esempio: </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>“Ciao come stai?”</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>“Bene e tu?”</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"> o avere forme lunghe e complesse come nelle cerimonie religiose; </span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>passatempo</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">: sono conversazioni più o meno strutturate, meno stereotipate dei rituali, che si focalizzano su argomenti relativamente innocui, ad esempio parlare di calcio, di cinema, si moda etc. </span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>attività</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">: è diretta al raggiungimento di uno scopo e non al semplice parlare, di solito si tratta di un lavoro ma anche di un hobbie, il raggiungimento del risultato programmato è fonte di carezze;</span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>gioco</b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">: Berne definiva il gioco come </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>“una serie progressiva di transazioni complementari ulteriori rivolte ad un risultato ben definito e prevedibile” </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[14].</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i> </i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il gioco è una forma di comunicazione, uno scambio di carezze, reciprocamente distorto ed ingannevole, in cui l’amara sorpresa di entrambi i giocatori, è una sensazione finale di stupore e di spiacevolezza. Esso è costituito: da un inizio e da una sequenza ripetitiva di transazioni incongruenti tra il livello sociale (esplicito) e quello ulteriore (psicologico), da una fine e da un tornaconto che spinge i giocatori a partecipare. I giochi derivano da modalità relazionali apprese, in cui si continuano a riproporre strategie infantili per procurarsi carezze, tali strategie, non più efficaci ed adatte alla situazione attuale, hanno il vantaggio di garantire una certa quota di carezze che, sebbene prevalentemente negative (tornaconto biologico), evitano la noia e la inattività (tornaconto sociale) e confermano le proprie convinzioni copionali su se stessi, sul mondo e sugli altri (tornaconto esistenziale). I giochi comportano una sofferenza e possono essere abbandonati solo se la persona trova modi alternativi e sani di procurarsi carezze; </span></div>
</li>
<br />
<li><div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>intimità </b></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[15]: è uno scambio di carezze libero, sano ed autentico, in cui possiamo esprimere direttamente le nostre emozioni e i nostri pensieri. Non vi è una sorpresa finale, né uno sfruttamento reciproco, ma uno scambio profondo in cui ci sentiamo OK. Nell’intimità, anche se ci sentiamo vulnerabili, ci assumiamo personalmente il rischio e la responsabilità dell’esito dello scambio, invece, nel gioco ogni giocatore cerca di addossare all’altro la responsabilità dell’esito nefasto. </span></div>
</li>
</ol>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-left: 1.25cm;">
</div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Gli Analisti Transazionali aiutano le persone a scambiarsi carezze nell’intimità, qui saranno più intense e piacevoli più che in qualsiasi altro tipo di strutturazione del tempo. Nell’intimità le carezze potranno essere sia positive che negative, tuttavia non sarà mai presente svalutazione, ma si attua uno scambio profondo e costruttivo verso una crescita personale. Accettare il rischio di una vera intimità significa dar luogo ad un incontro spontaneo ove le persone possono giungere liberamente ad un pieno contatto delle proprie potenzialità umane. </span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Dobbiamo interrogarci su quale tipo di vita vogliamo scegliere di vivere: una vita dettata dagli impedimenti di un copione limitante, o una vita piena di intimità e di carezze positive? Se abbiamo scelto la seconda alternativa, non ci resta altro che portare avanti la nostra scelta giorno dopo giorno, tenendo in considerazione che l’Analisi Transazionale, o altre forme di terapia psicologica, possono esserci d’aiuto. Congedandomi auspico al lettore e a me stessa il percorso più bello. </span></div>
<br />
<div align="justify" lang="en-US" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0.49cm; margin-top: 0.49cm;">
<b><span style="font-size: 85%;"></span></b></div>
<br />
<div align="justify" lang="en-US" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0.49cm; margin-top: 0.49cm;">
<b><span style="font-size: 85%;">Bibliografia e note:</span></b></div>
<br />
--><br />
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0.49cm; margin-top: 0.49cm;">
<span style="font-size: 85%;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-US">[1]</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"> Solomon P., Leiderman P.H., Mendelson J., Wexler D. Sensory deprivation; a review. </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Am J Psychiatry</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">. </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">1957 Oct;</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">114</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">(4):357–363; Zubek J.P. (1969). Sensory deprivation: Fifteen years of research. New York, </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Appleton-Century-Crofts</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">; </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><span style="font-style: normal;">Stuart Grassian. Psychiatric effects of solitary confinement (PDF). </span></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span style="font-style: normal;">URL consultato il 14-06-2009: </span></span><span style="color: blue;"><u><a href="http://www.prisoncommission.org/statements/grassian_stuart_long.pdf"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">www.prisoncommission.org/statements/grassian_stuart_long.pdf</span></a></u></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span style="font-style: normal;"> </span></span></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0.49cm; margin-top: 0.49cm;">
<span style="font-size: 85%;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-US">[2]</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"> Renè Spitz, “Hospitalism, Genesis of Psychiatric Conditions in Early Childhood”, in </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Psychoanalytic Study of the Child</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">, International Universities Press, New York 1945, I, 53-74; tr. It. Armando, Roma. </span></span></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-size: 85%;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-US">[3]</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"> Harry, F. & Harlow,H.F. “The Nature of love”, </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-CA">first published in </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-CA"><i>American Psychologist</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-CA">, 1958, </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-CA"><i>13</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-CA">, 673-685. </span></span></span></div>
<br />
<div align="justify" style="line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; margin-right: -0.15cm;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: 85%;">In questo esperimento le scimmiette, separate dalla madre, venivano chiuse in gabbia con due sostituti materni: uno di peluche, caldo e morbido ma che non elargiva latte e l’altro freddo, metallico, che forniva latte. Le scimmiette dimostrarono di prediligere il surrogato di madre di peluche quando si sentivano minacciate e avevano bisogno di conforto, mentre ricorrevano al surrogato di madre metallico per soddisfare i bisogni alimentari. Il contatto fisico è dunque un bisogno primario ed indipendente dal mero soddisfacimento dei bisogni fisiologici. </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[4] E’ doveroso sottolineare che le procedure etiche di questi esperimenti furono alquanto discutibili e oggi non sarebbero più replicabili.</span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">[5] Harlow, H.F., & Harlow, M.K. (1967, gennaio). “The young monkeys” </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Phychology Today</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">, pp.40-47. </span></span></div>
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana";"><br /></span></div>
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana";">[6] Eric Berne, "A che gioco giochiamo", Bompiani, Milano, 1967 (ed. orig. 1964), cit. pg. 16</span></div>
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<br /></div>
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[7] Eric Berne, “Ciao!... E poi?”, Bompiani, Milano, 1979 (ed. orig. 1972).</span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[8] Seymour Levine, “Stimulation in Infancy”, </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Scientific American</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, 202 (maggio 1960), 80-86. </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[9] A tal proposito è utile diagrammare il </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Profilo delle carezze</i></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">, che permette di riflettere sui comportamenti agiti nelle relazioni, sugli schemi appresi in famiglia e sullo stato di deprivazione che l’individuo vive rispetto ai suoi bisogni fondamentali. </span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-US">Per approfondimenti, si veda</span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">: Jim McKenna, “Stroking Profile”, </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Transactional Analysis Journal</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">, 4, no. 4 (ottobre 1974), 20. </span></span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB">[10] Steiner, C., “The Stroke economy”, in </span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"><i>Transactional Analysis Journal,</i></span></span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><span lang="en-GB"> 1, 3, (luglio 1971), pp. 9-15. </span></span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[11] Stewart, I. & Joines, V., “L’Analisi Transazionale”, Milano, Garzanti, 1990 (1987). </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[12] Wollams, M. & Brown, S. (1978). “Analisi Transazionale”. Trad It.: Assisi: Cittadella, 1985. Cit. pg. 94-95. </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[13] Mastromarino, R. & Scoliere, M. (1999). “Introduzione all’analisi transazionale – Il modello 101”, Roma, IFREP. </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[14] Eric Berne, “A che gioco giochiamo”, Bompiani, Milano, 1967 (ed. orig. 1964), cit. pg. 55. </span></div>
<br />
<div align="justify" class="sdendnote" style="line-height: 150%;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">[15] Sebbene l’intimità è spesso collegata al sesso non bisogna pensare che sesso ed intimità si equivalgano. L’intimità riguarda relazioni più ampie, inoltre, il sesso può anche compiersi nell’isolamento o in un cerimonia rituale oppure può essere vissuto come un passatempo, come un’attività finalizzata al raggiungimento di qualcosa o, infine, può essere un gioco. </span></div>
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<div>
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<style> st1\:*{behavior:url(#ieooui) } </style><br />
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<style> <!-- /* Font Definitions */ @font-face {font-family:"Cambria Math"; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-1610611985 1107304683 0 0 415 0;} @font-face {font-family:Garamond; panose-1:2 2 4 4 3 3 1 1 8 3; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:647 0 0 0 159 0;} /* Style Definitions */ p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:""; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman","serif"; mso-fareast-font-family:"Times New Roman";} span.MsoEndnoteReference {mso-style-noshow:yes; mso-style-unhide:no; vertical-align:super;} p.MsoEndnoteText, li.MsoEndnoteText, div.MsoEndnoteText {mso-style-noshow:yes; mso-style-unhide:no; mso-style-link:"Testo nota di chiusura Carattere"; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; font-family:"Times New Roman","serif"; mso-fareast-font-family:"Times New Roman";} a:link, span.MsoHyperlink {mso-style-unhide:no; color:blue; text-decoration:underline; text-underline:single;} a:visited, span.MsoHyperlinkFollowed {mso-style-noshow:yes; mso-style-priority:99; color:purple; mso-themecolor:followedhyperlink; text-decoration:underline; text-underline:single;} span.TestonotadichiusuraCarattere {mso-style-name:"Testo nota di chiusura Carattere"; mso-style-noshow:yes; mso-style-unhide:no; mso-style-locked:yes; mso-style-link:"Testo nota di chiusura";} span.ref-journal {mso-style-name:ref-journal; mso-style-unhide:no;} span.ref-vol {mso-style-name:ref-vol; mso-style-unhide:no;} .MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:10.0pt; mso-ansi-font-size:10.0pt; mso-bidi-font-size:10.0pt;} /* Page Definitions */ @page {mso-footnote-separator:url("file:///C:/Users/Angela/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_header.htm") fs; mso-footnote-continuation-separator:url("file:///C:/Users/Angela/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_header.htm") fcs; mso-endnote-separator:url("file:///C:/Users/Angela/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_header.htm") es; mso-endnote-continuation-separator:url("file:///C:/Users/Angela/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_header.htm") ecs;} @page WordSection1 {size:595.3pt 841.9pt; margin:70.9pt 53.0pt 70.9pt 2.0cm; mso-header-margin:35.45pt; mso-footer-margin:35.45pt; mso-paper-source:0;} div.WordSection1 {page:WordSection1; mso-footnote-position:beneath-text; mso-footnote-numbering-start:14; mso-endnote-numbering-style:arabic;} /* List Definitions */ @list l0 {mso-list-id:132914618; mso-list-type:hybrid; mso-list-template-ids:-1713092134 -1900795352 68157465 68157467 68157455 68157465 68157467 68157455 68157465 68157467;} @list l0:level1 {mso-level-tab-stop:71.4pt; mso-level-number-position:left; margin-left:71.4pt; text-indent:-18.0pt; mso-ansi-font-weight:normal;} @list l1 {mso-list-id:1318148635; mso-list-type:hybrid; mso-list-template-ids:701000568 68157455 68157465 68157467 68157455 68157465 68157467 68157455 68157465 68157467;} @list l1:level1 {mso-level-tab-stop:71.4pt; mso-level-number-position:left; margin-left:71.4pt; text-indent:-18.0pt;} ol {margin-bottom:0cm;} ul {margin-bottom:0cm;} </style> </div>
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<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: center; text-indent: 35.4pt;">
<span style="font-size: 85%;"></span></div>
<v:stroke joinstyle="miter"><v:formulas><v:f eqn="if lineDrawn pixelLineWidth 0"><v:f eqn="sum @0 1 0"><v:f eqn="sum 0 0 @1"><v:f eqn="prod @2 1 2"><v:f eqn="prod @3 21600 pixelWidth"><v:f eqn="prod @3 21600 pixelHeight"><v:f eqn="sum @0 0 1"><v:f eqn="prod @6 1 2"><v:f eqn="prod @7 21600 pixelWidth"><v:f eqn="sum @8 21600 0"><v:f eqn="prod @7 21600 pixelHeight"><v:path connecttype="rect" extrusionok="f" gradientshapeok="t"><o:lock aspectratio="t" ext="edit"><v:imagedata src="file:///C:%5CUsers%5CAngela%5CAppData%5CLocal%5CTemp%5Cmsohtmlclip1%5C01%5Cclip_image001.jpg" title="carezze"><br /></v:imagedata></o:lock></v:path></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:f></v:formulas></v:stroke>
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<o:p></o:p></div>
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<o:p></o:p></div>
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<o:p></o:p></div>
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Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-73078848729283924052008-12-28T11:37:00.000-08:002011-04-16T07:04:54.938-07:00"Saper ascoltare"<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAxZ6ist6-BslVGSzu7hrusG5ozstt-f3Pc9aNasgQyg61S9yH2M9xwuK_nULYGHGIYfpnaqZufgIHdjYu65BfvdsK7GKjp-j-iHX-HohAJApaKahqOq3yhvdUlH7d-ftP9zgHG1tVyq7n/s1600-h/onda+ok.JPG"><img style="MARGIN: 0pt 10px 10px 0pt; WIDTH: 200px; FLOAT: left; HEIGHT: 134px; CURSOR: pointer" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5284928555218296258" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAxZ6ist6-BslVGSzu7hrusG5ozstt-f3Pc9aNasgQyg61S9yH2M9xwuK_nULYGHGIYfpnaqZufgIHdjYu65BfvdsK7GKjp-j-iHX-HohAJApaKahqOq3yhvdUlH7d-ftP9zgHG1tVyq7n/s200/onda+ok.JPG" /></a> <br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Vi è mai capitato di aver pensato che una certa persona non sapesse proprio ascoltare o di esservi accorti - solo in un tempo successivo - che qualcuno vi stava comunicando qualcosa di molto importante a cui voi non avete saputo prestare attenzione? Oppure di prevaricare in continuazione sull’altro, alzando la voce senza fermarvi ad ascoltarlo?</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><?xml:namespace prefix = o /><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Credo sia banale ricordare che l’ascolto è una relazione imprescindibile tra gli esseri umani, capace di promuovere l’incontro, il contatto e la crescita personale; l’ascolto offre la possibilità del confronto e di vedere oltre il proprio orticello. Esso è la qualità principale di ogni colloquio, non solo di quello psicologico. D’altro canto, non è altrettanto banale la conoscenza dei principi basilari dell’ascolto.</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Ascoltare è un’azione intellettuale ed emotiva, significa cogliere pienamente quello che la persona vuole dire con le parole e con il corpo. </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Possiamo riassumere le tipologie dell’ascolto a tre tipi principali:</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><u>l’ascolto passivo</u>: si ha quando il ricevente non invia nessun feedback al proprio interlocutore: si limita ad udirlo e basta, le parole entrano in un orecchio ed escono dall’altro. Questa modalità non solo lascia deluso l’emittente ma non permette di cogliere gli aspetti essenziali dell’altro;</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><u>l’ascolto selettivo</u>: si verifica quando il ricevente seleziona le informazioni che l’emittente invia, recependo quelle che ritiene, in qualche modo, interessanti e scartando il rimanente. In tal modo una parte importante del contenuto andrà perduta per sempre;</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><u>l’ascolto attivo</u>: è l’unico che porta ad una comunicazione efficace. E’ un ascolto che crea contatto nel qui ed ora, restituisce un feedback su quello che si è appena ascoltato, evita il giudizio e coglie i contenuti e tutte le sfumature (verbali e non verbali) della comunicazione. L’ascolto attivo richiede la capacità di ascoltare l’altro pienamente.</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 35.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Impariamo ad ascoltare se sappiamo afferrare in pieno quanto l’altro sta dicendo manifestando di averlo compreso con riformulazioni, se riusciamo a sottolineare gli aspetti più salienti e significativi e rispettiamo le pause dell’altro, se non imponiamo il nostro stile comunicativo ma siamo capaci di adattarci allo stile dell’altro, se evitiamo di fare domande su domande ma ci dedichiamo ad approfondire un tema alla volta, se nell’ascolto riusciamo ad essere noi stessi. Tutto questo fa davvero la differenza tra l’ascolto di una persona e quello del più tecnologico supporto di registrazione.</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 53.45pt" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal" align="center"><b><span style="font-family:georgia;">Le dimensioni cruciali dell’ascolto (3V+B)</span></b></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal" align="center"><b><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></b></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal" align="center"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Ivey e altri ricercatori hanno studiato che la capacità di prestare attenzione ed ascolto è costituita da quattro dimensioni cruciali, che sono il primo scalino per tutte le altre tecniche di ascolto attivo. In breve, per comunicare che si sta realmente ascoltando e prestando attenzione all’altro sono necessarie le tre “V” più un linguaggio corporeo che dimostri attenzione “+B” (Ivey, Normington, Miller, Morril e Haase, 1968). Le riporto così come sono espresse dagli autori citati:<o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><ol style="COLOR: rgb(0,0,0)"><br /><li><i><span style="font-family:georgia;">“<b>Contatto Visivo</b> (Visual Contact).<b> </b><u>Se sta per parlare con delle persone le guardi</u>.<o:p></o:p></span></i></li><br /><li><span style="font-family:georgia;"><b><i>Tono della voce</i></b><i> (Vocal quality). <u>Anche il tono di voce ed il ritmo nel parlare indicano chiaramente come lei si sente verso un’altra persona.</u> Pensi in quanti modi può dire: “Sono davvero interessato a ciò che ha da dire” cambiando semplicemente il tono della voce ed il ritmo del discorso.<o:p></o:p></i></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;"><b><i>Aderenza verbale</i></b><i> (Verbal tracking). Il cliente </i>[ndr: qui si parla di counselling, ma cliente può essere inteso anche come l’amico, il familiare, il/la compagno/a o semplicemente l’altro]<i> è venuto da lei con una sua preoccupazione. <u>Non cambi argomento; rimanga aderente alla storia del cliente</u>. <o:p></o:p></i></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;"><b><i>Linguaggio corporeo</i></b><i> che dimostri attenzione ed autenticità (Body language).<b> </b>I clienti sanno che lei <u>è interessato se si pone di fronte a loro apertamente, se si inclina leggermente in avanti, se ha un viso espressivo e usa dei gesti incoraggianti e facilitanti. In breve, sia se stesso – l’autenticità nell’ascolto è essenziale</u>.”</i></span></li></ol><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal" align="center"><b><span style="font-family:georgia;">Quali sono gli errori da evitare?</span></b></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal" align="center"><b><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></b></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Una serie di errori possono pregiudicare la funzionalità di una comunicazione efficace, questi errori sono stati individuati da <b>T. Gordon,</b> un importante studioso della comunicazione e teorico dell’ascolto attivo. Gli errori da evitare secondo Gordon sono:</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></p><br /><ol style="COLOR: rgb(0,0,0)"><br /><li><span class="testolarge" style="font-family:georgia;">Ordinare, comandare, esigere;</span><o:p></o:p></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Avvertire, minacciare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Far la predica, rimproverare, dire cosa si deve o non si deve fare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Consigliare, offrire soluzioni o suggerimenti;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Redarguire, ammonire, fare argomentazioni logiche;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Giudicare, criticare, disapprovare, biasimare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Apprezzare, concordare, dare valutazioni positive;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Definire, stereotipare, ridicolizzare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Interpretare, analizzare, diagnosticare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Rassicurare, mostrare comprensione, consolare, incoraggiare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">Fare domande, indagare, mettere in dubbio, controinterrogare;<o:p></o:p></span></li><br /><li><span class="testolarge" style="font-family:georgia;">Eludere, distrarre, fare del sarcasmo, fare dello spirito, cambiare argomento.</span></li></ol><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; TEXT-INDENT: -18pt; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 71.45pt" class="MsoNormal"><span class="testolarge"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span class="testolarge"><span style="font-family:Arial;"><o:p></o:p></span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><span class="testolarge">Inoltre, Gordon fa osservare che queste barriere alla comunicazione contengono sempre il pronome “tu”, </span>“<em>Tu sei così …” “Tu non l’hai fatto …” “Tu dovresti comportarti diversamente …”</em> con il risultato che l’altro non si sente accolto ma disconfermato. I messaggi-Tu esprimono un giudizio su chi ascolta. I messaggi-Io, invece, palesano un sentimento di chi parla, vi è <span class="testolarge">un “assunzione di responsabilità” che decodifica uno stato di fatto e che predispone ad un confronto di crescita tra gli interlocutori. </span><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0)" align="center"><span style="font-family:georgia;"><strong>Qualche consiglio pratico:</strong><o:p></o:p></span></p><br /><ul style="COLOR: rgb(0,0,0)" type="disc"><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Tenere un buon grado di contatto oculare. Seppure possono esistere differenze culturali, va considerato che nella cultura europea e nordamericana il contatto oculare diretto è considerato un segno di interesse, se però si notano imbarazzo e disagio può essere importante evitare il contatto oculare troppo diretto e distogliere lo sguardo per non sembrare invadenti. In tal modo potremo anche notare che se l’emittente parla di un argomento particolarmente interessante, le sue pupille tendono a dilatarsi o, al contrario, a contarsi se lo ritiene noioso.<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Anche la voce comunica emozioni, i cambiamenti di tono, volume e velocità possono segnalare cambiamenti importanti ad esempio: esitazioni e interruzioni possono indicare confusione e stress, schiarirsi la voce può significare che le parole non vengono fuori facilmente. Se alcune parole sono enfatizzate quasi sicuramente avranno a che fare con temi significativi e rilevanti per quella persona.<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">La nostra postura, se seduti, va orientata, protesa verso l’interlocutore, se in piedi possiamo avvicinarci. Sarà importante anche notare come cambia la postura nell’altro, se è protesa in avanti denota interesse, se si tira indietro noia o spavento.<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Prestare attenzione alle nostre espressioni facciali perché queste possono sottolineare interesse o noia. <o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Di tanto in tanto annuire col capo, dire “capisco”, “certo”, “comprendo” etc, perchè fornisce all’interlocutore chiari segnali di ascolto.<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Di tanto in tanto riassumere, con parole proprie, ciò che è stato detto: “se comprendo bene stai dicendo che…”, “vuoi dire che…”.<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Fare domande aperte e non chiuse, domande cioè che lasciano spazio di espressione al nostro interlocutore. <o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Anche le pause e i silenzi sono importanti, se la persona è a suo agio nel silenzio, è importante rimanere uniti nel silenzio, se, invece, si percepisce imbarazzo o disagio può essere importante fare una domanda o un commento su qualcosa di significativo detto appena prima. <o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Essere se stessi, non mascherarsi, non compiacere ad ogni costo ma lasciar andare il nostro ascolto a tutto ciò che c’è di profondamente umano nell’altro. <o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">E’ importante anche imparare ad ascoltare noi stessi e le nostre emozioni mentre si ascolta l’altro, è in questo modo che saremo empatici.</span></li></ul><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(0,0,0); MARGIN-LEFT: 18pt" class="MsoNormal" align="center"><span style="font-family:georgia;">***<o:p></o:p></span></p><br /><div align="center"></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Ascoltare attentamente permette di costruire legami significativi con gli altri, è un’abilità sociale (Goleman, 1998), aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi, si impara a conoscere più approfonditamente gli altri, questi ultimi si sentiranno sostenuti e sicuri di esplorare i loro sentimenti ed esprimere le loro idee in nostra presenza. L’ascolto crea un clima di fiducia, di rispetto e di comprensione tra le persone, mentre il non sapere ascoltare può influire negativamente sulla qualità delle nostre relazioni, lasciandoci con sensazioni di inquietudine e di vuoto. </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">E’ necessario anche considerare che le nostre peculiarità nell’ascolto sono condizionate dai modelli appresi quando si era bambini, dalle figure significative del nostro ambiente e dalle nostre decisioni di copione. Per prendere consapevolezza di questi aspetti, e poter attuare il cambiamento che si desidera, può essere illuminante effettuare un percorso di psicoterapia. </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(0,0,0)" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><span style="COLOR: rgb(0,0,0)">Un ultimo e prezioso suggerimento può essere quello di ascoltare spesso della buona musica, perché, come sostiene il grande maestro </span><span style="COLOR: rgb(0,0,0)">Claudio Abbado:</span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"></span></p><br /><blockquote><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="color:#333333;"><em><span style="font-family:georgia;">è la musica che insegna ad ascoltare, se si ascolta, s’impara. </span></em></span></p></blockquote><br /><p style="TEXT-ALIGN: center; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal" align="left"><b><i><span style="color:#000000;"><span style="font-family:georgia;">Bibliografia:<o:p></o:p></span></span></i></b> <br /><div align="justify"><span style="font-family:georgia;"><b><span lang="EN-GB">Ivey</span></b><span lang="EN-GB">, A.E. & Bradford Ivey, M. <b>(2004)</b>. </span><i>Il colloquio intenzionale e il counselling</i>. <span lang="EN-GB">Las, Roma<o:p></o:p></span></span></div><br /><div align="justify"></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,51)" class="MsoNormal" align="justify"><span style="font-family:georgia;"><b><span lang="EN-GB">Ivey</span></b><span lang="EN-GB">, A., Normington, N., Miller, D., Morril, W., & Haase, <b>(1968)</b>. <i>Microcounselling and attending hehavior: An approach to pre-practicum counsellor training</i>. Journal of Conseling Psycology, 15, 1-12. <o:p></o:p></span></span></p><br /><div align="justify"><span style="font-family:georgia;"><b><span lang="EN-GB">Goleman,</span></b><span lang="EN-GB"> D. <b>(1998)</b>. <i>Emotional Intelligence: Why it can matter more than IQ.</i> <?xml:namespace prefix = st1 /><st1:state st="on"><st1:place st="on">New York</st1:place></st1:state>: Bantam. <o:p></o:p></span></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,51)" class="MsoNormal" align="justify"><span style="font-family:georgia;"><span class="small"><b>Gordon</b></span><span class="small">, T. <b>(1993)</b>. <i>Insegnanti efficaci</i>, Giunti Lisciani Editori. <o:p></o:p></span></span></p><br /><div align="justify"><span style="font-family:georgia;"><span style="COLOR: rgb(51,51,51)"><b>Scilligo </b></span><span style="COLOR: rgb(51,51,51)">P.</span><i style="COLOR: rgb(51,51,51)">,</i><span style="COLOR: rgb(51,51,51)">(1991-1992-1993). <i>Io e tu. Parlare, capire e farsi capire, vol. 1,2,3, </i></span><span style="COLOR: rgb(51,51,51)">Roma: IFREP.</span><o:p></o:p></span> </div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><span style="COLOR: rgb(51,51,255)"><o:p></o:p></span><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;font-size:85%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(51,51,255)" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-size:85%;"></span></o:p></p>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-6568871432881852022008-12-08T04:26:00.000-08:002009-08-11T23:47:18.374-07:00"Una psicobufala a caso: quando vai dallo psicologo devi sdraiarti sul lettino”.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNRDSlmAo3T0ntzFTWlx0DSWqRMoVvaFoEitCKznP6YepCAIKjmGzmxYgpF_rVuaUQbLfDwDpvaM2DMi7LMlsLh4SrKypbZvtqa5GUlK3p9jVqaJKFcv4O-tqs-KJNC3OrWtryJGvKHWt9/s1600-h/psicobufale.jpeg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 133px; height: 200px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNRDSlmAo3T0ntzFTWlx0DSWqRMoVvaFoEitCKznP6YepCAIKjmGzmxYgpF_rVuaUQbLfDwDpvaM2DMi7LMlsLh4SrKypbZvtqa5GUlK3p9jVqaJKFcv4O-tqs-KJNC3OrWtryJGvKHWt9/s200/psicobufale.jpeg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5277396236997049378" border="0" /></a><br /><br /><p class="center"><strong><o:p> </o:p></strong></p> <p class="center"><span style=""><!--[if gte vml 1]><v:shapetype id="_x0000_t75" coordsize="21600,21600" spt="75" preferrelative="t" path="m@4@5l@4@11@9@11@9@5xe" filled="f" stroked="f"> <v:stroke joinstyle="miter"> <v:formulas> <v:f eqn="if lineDrawn pixelLineWidth 0"> <v:f eqn="sum @0 1 0"> <v:f eqn="sum 0 0 @1"> <v:f eqn="prod @2 1 2"> <v:f eqn="prod @3 21600 pixelWidth"> <v:f eqn="prod @3 21600 pixelHeight"> <v:f eqn="sum @0 0 1"> <v:f eqn="prod @6 1 2"> <v:f eqn="prod @7 21600 pixelWidth"> <v:f eqn="sum @8 21600 0"> <v:f eqn="prod @7 21600 pixelHeight"> <v:f eqn="sum @10 21600 0"> </v:formulas> <v:path extrusionok="f" gradientshapeok="t" connecttype="rect"> <o:lock ext="edit" aspectratio="t"> </v:shapetype><v:shape id="_x0000_i1025" type="#_x0000_t75" alt="Psicobufale" style="'width:54.75pt;height:82.5pt'"> <v:imagedata src="file:///C:\DOCUME~1\Angela\IMPOST~1\Temp\msohtml1\01\clip_image001.jpg" href="http://www.psycommunity.it/bibliografia/archivio/logo0010.jpg"> </v:shape><![endif]--><!--[if !vml]--><br /></span></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><!--[if gte vml 1]><v:shapetype id="_x0000_t75" coordsize="21600,21600" spt="75" preferrelative="t" path="m@4@5l@4@11@9@11@9@5xe" filled="f" stroked="f"> <v:stroke joinstyle="miter"> <v:formulas> <v:f eqn="if lineDrawn pixelLineWidth 0"> <v:f eqn="sum @0 1 0"> <v:f eqn="sum 0 0 @1"> <v:f eqn="prod @2 1 2"> <v:f eqn="prod @3 21600 pixelWidth"> <v:f eqn="prod @3 21600 pixelHeight"> <v:f eqn="sum @0 0 1"> <v:f eqn="prod @6 1 2"> <v:f eqn="prod @7 21600 pixelWidth"> <v:f eqn="sum @8 21600 0"> <v:f eqn="prod @7 21600 pixelHeight"> <v:f eqn="sum @10 21600 0"> </v:formulas> <v:path extrusionok="f" gradientshapeok="t" connecttype="rect"> <o:lock ext="edit" aspectratio="t"> </v:shapetype><v:shape id="_x0000_i1026" type="#_x0000_t75" alt="Psicobufale" style="'width:54.75pt;height:82.5pt'"> <v:imagedata src="file:///C:\DOCUME~1\Angela\IMPOST~1\Temp\msohtml1\01\clip_image001.jpg" href="http://www.psycommunity.it/bibliografia/archivio/logo0010.jpg"> </v:shape><![endif]--><!--[if !vml]--><strong><span style="font-weight: normal;">Il titolo del post nasce dalla lettura di un libro: “<i style="">Psicobufale. Dall’Anoressia alla Zoofobia, come difendersi dalle balle raccontate dai media e continuare a cre</i></span></strong><strong><span style="font-weight: normal;"><i style="">dere nella psicologia</i>”, scritto con ironia e professionalità da Silvia Bianconcini</span></strong><strong></strong>*<strong><span style="font-weight: normal;">, Psicologa Psicoterapeuta. Nel libro l’autrice raccoglie una serie di informazioni distorte sulla psicologia e ci invita a diffidarne e a districare la verità. Così scriveva nel 2005 la collega Silvia Bianconcini: </span></strong></p><blockquote><strong><span style="font-weight: normal;">“</span></strong><i>Faccio parte della nutrita schiera degli strizzacervelli. Non so, viste le psico-sciocchezze che si sentono da tutte le parti, se io debba andarne fiera. Fatto sta che più faccio questo mestiere e più mi piace. Perché non ha granché in comune con quel che si dice in giro. E allora che facciamo di tutte le psico-corbellerie da cui siamo circondati? Io una modesta proposta ce l’avrei: le piazziamo in questo blog!”.<span style=""> </span></i></blockquote><i><span style=""></span></i><span style="">Da qui la nascita del suo blog: <a href="http://psico-bufale.splinder.com/">http://psico-bufale.splinder.com/</a><span style=""> </span>Dai contenuti più efficaci del blog nasce il libro, edito da Rizzoli. <o:p></o:p></span><p></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><span style="">Dopo averlo letto con attenzione, seleziono qui una psicobufala a caso: <i>“quando vai dallo psicologo devi sdraiarti sul lettino”</i>. Infatti, occorre sapere che il lettino non è affatto una caratteristica obbligatoria della stanza di uno psicologo. L’autrice informa che vi sono molti psicologi che usano due poltroncine, una per il paziente e una per il professionista, altri ancora si siedono dietro una scrivania. In breve, il lettino è una generalizzazione non corretta, che, come afferma <st1:personname productid="la Bianconcini" st="on">la Bianconcini</st1:personname>, sa più di leggenda metropolitana piuttosto che corrispondere ad una realtà, che è invece più variegata. La ragione più fondata per la quale si utilizza il lettino è la facilità di regressione allo stadio infantile evocata dalla posizione sdraiata: così come il bambino ha poca libertà di movimento e autonomia nelle decisioni, anche il paziente </span><span style="">- sul lettino - </span><span style="">ha meno libertà di movimento e campo visivo dell’analista, seduto alle spalle del paziente. Ma al di fuori di questa importante considerazione, è completamente infondata l’equazione “psicologi = lettino sempre e comunque”. Come scrive l’autrice: <i>“se entrate nello studio di uno psicologo e non trovate il lettino non stupitevi, non pensate di aver sbagliato indirizzo, non mettetevi a temere che sia uno psicologo di serie B. E’ molto semplice: lui non lo usa, e basta.”. </i><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span><o:p></o:p></span></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><span style="">Consiglio la lettura del libro, esso è utile per avere una visione più realistica del mondo della psicologia e poterne, pertanto, usufruire in modo più informato e senza timori irrazionali. Di seguito si potranno leggere i titoli di altre psicobufale trattate nel libro e in continuo aggiornamento nel blog.. <o:p></o:p></span></p> <p style="margin-bottom: 12pt; text-align: justify;">* Silvia Bianconcini, vive e lavora a Imola, ha creato e cura personalmente anche il sito: <a href="http://www.psicologia-imola.it/">http://www.psicologia-imola.it/</a></p> <div class="MsoNormal" style="text-align: center;" align="center"><hr size="2" width="100%" align="center"> </div> <p class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;">SOMMARIO<br />INTRODUZIONE:<br />Psicobufale: leggende metropolitane sulla psicologia (e sugli psicologi)<br />Psico-cosa?<br />"Dallo psicologo funziona come dal medico"<br />PSICOBUFALE:<br />A come Anoressia<br />B come Buoni consigli<br />C come Curare<br />D come Depressione<br />D come Dire tutto<br />E come Euro-dipendenza<br />F come Follia<br />G come Gesti<br />H come High-tech<br />I come Inconscio<br />L come Lettino<br />L come Lettura del pensiero<br />M come Medicine<br />N come Novità<br />O come Omosessualità<br />P come Pensieri degli altri<br />Q come Quarantenni<br />R come Ricordi traumatici<br />S come Sogni<br />S come Sostenibilità della terapia<br />T come Test psicologici<br />U come Uguale<br />V come Voci<br />Z come Zoofobia<br /><br />CONCLUSIONI</span> </p> <p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><span style=""><o:p> </o:p></span></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><span style=""><o:p> </o:p></span></p> <p class="center" style="text-align: justify;"><span style=""> </span> <!--[if !supportLineBreakNewLine]--> <!--[endif]--><strong><span style="font-weight: normal;"><o:p></o:p></span></strong></p> <p> <!--[if !supportLineBreakNewLine]--> <!--[endif]--></p> <p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-62545517030897625922008-11-19T13:03:00.000-08:002011-04-16T14:45:00.973-07:00"Come scegliere lo psicoterapeuta?"<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfLIv2d6_-JD1JCH8_9kz6da5TjJRYYkxvOjkB9ILzCg8pU9nuIJINiiLdzOw82IUbMU1YZTOXh8WuTR4i8kc4aCC0ZXAQ0IRpnTUyIYQN42PGyNhjj6LmPnG2HrUo8W7A43QOkriekNK2/s1600-h/Flower19-tulips.jpg"><img style="MARGIN: 0pt 10px 10px 0pt; WIDTH: 200px; FLOAT: left; HEIGHT: 133px; CURSOR: pointer" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5270478572857622274" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfLIv2d6_-JD1JCH8_9kz6da5TjJRYYkxvOjkB9ILzCg8pU9nuIJINiiLdzOw82IUbMU1YZTOXh8WuTR4i8kc4aCC0ZXAQ0IRpnTUyIYQN42PGyNhjj6LmPnG2HrUo8W7A43QOkriekNK2/s200/Flower19-tulips.jpg" /></a> <br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">Scegliere uno psicoterapeuta non è semplice, i dubbi e le perplessità potrebbero essere molteplici e magari si vorrebbe avere per se stessi lo psicoterapeuta infallibile. E’ bene ricordare che la psicoterapia è un lavoro che è basato sulla collaborazione e richiede la partecipazione attiva del paziente stesso. Lo psicoterapeuta competente aiuta la persona a ritrovare le radici dei propri blocchi e conflitti, in modo che la persona raggiunga il cambiamento desiderato ed una crescita personale. Ciò che conta in questo percorso è soprattutto una buona <span style="FONT-STYLE: italic">alleanza di lavoro</span> tra il professionista e la persona, tuttavia la preparazione professionale ed etica dello psicoterapeuta non può prescindere da alcune caratteristiche. </span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: center" class="MsoNormal" align="center"><?xml:namespace prefix = o /><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Le <b>caratteristiche principali di un buon psicoterapeuta</b> sono:</span></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><ul style="TEXT-ALIGN: justify"><br /><li><span style="font-family:georgia;">“essere laureato in medicina o psicologia, o comunque essere iscritto all’ordine dei medici e degli psicologi;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">aver frequentato e completato una scuola di specializzazione post-universitaria in una delle forme di psicoterapia accreditata;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">svolgere uno o più colloqui di orientamento;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">informare chiaramente durante tali colloqui sulla propria opinione circa i problemi del paziente e su quanto necessita fare (es. una psicoterapia, da sola o congiuntamente a dei farmaci);</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">affrontare il rapporto con il paziente con discrezione e nei limiti di un rapporto esclusivamente professionale;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">esporre con precisione quanto il paziente deve tenere in considerazione nei termini di un impegno da parte sua”. </span></li></ul><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;">Come valutare invece quando uno <b>psicoterapeuta</b> si rapporta in modo <b>poco professionale</b> al suo futuro paziente?</span></p><br /><ul><br /><li><span style="font-family:georgia;">“di fronte alla richiesta circa la natura dei propri problemi e sui risultati che ci si potrebbe aspettare da uno psicoterapeuta, le risposte sono evasive, vaghe: lo psicoterapeuta da l’impressione di non volersi impegnare, né compromettere;</span></li><br /><li><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">al contrario le risposte sono improntate a un tono illusorio: la guarigione viene garantita o data per scontata; </span></div></li><br /><li><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">il tono dell’incontro diviene immediatamente confidenziale e cameratesco: si passa subito al “tu”, e in sostanza il terapeuta fa capire di essere una sorta di “amicone” del quale ci si può tranquillamente fidare;</span></div></li><br /><li><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">durante il colloquio si fanno nomi di altri pazienti;</span></div></li><br /><li><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">viene detto o fatto capire che si potrà uscire dai confini di un rapporto professionale: non è necessario arrivare a un invito a cena esplicito, ci sono tanti modi per lasciare intendere!</span></div></li><br /><li><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">viene espresso un atteggiamento svalutativo o denigratorio verso altri colleghi o altre psicoterapie: un terapeuta serio non si pronuncia su quanto non conosce in prima persona, ed è comunque rispettoso del lavoro altrui”. </span></div></li></ul><br /><p></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:georgia;"><b>Cosa richiede lo psicoterapeuta</b>? </span></p><br /><ul style="TEXT-ALIGN: justify"><br /><li><span style="font-family:georgia;">“la disponibilità ad entrare in un lavoro su se stessi in cui l’effetto immediato, per come ce lo si può aspettare da un farmaco, va dimenticato: il conoscere se stessi ha tempi adeguati. Soprattutto, lo scopo della psicoterapia non è quello di far “scomparire” dei sintomi disturbanti bensì quello di ritrovare un equilibrio globale. Questa ricerca deve passare attraverso una rielaborazione di quello che ha condotto nella vita precedente agli scompensi che hanno portato alla psicoterapia. [...] [ndr: le terapie brevi o focali possono avere risultati più limitati e questo va comunicato alla persona]; </span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">lo psicoterapeuta chiederà la disponibilità a investire nel tempo; questo significa un certo lasso di tempo nel lungo periodo (mesi o anni), nell’immediato di riservare una o più ore della propria settimana per le sedute;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">verrà definita la necessità improrogabile di assumere un atteggiamento attivo nel lavoro: questo potrà significare per qualcuno l’impegno a riportare i sogni, per altri l’attenzione ai propri dialoghi interni e così via dicendo in base alla tecnica seguita.” </span></li></ul><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;"></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><b><span style="font-family:georgia;">Cosa offre lo psicoterapeuta? <o:p></o:p></span></b></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><b><o:p><span style="font-family:georgia;"></span></o:p></b></p><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">“uno o più colloqui orientativi: prima di arrivare a un impegno contrattuale definito, lo psicoterapeuta e il potenziale paziente devono conoscersi. Lo psicoterapeuta deve avere il tempo sufficiente per valutare le problematiche di chi ha di fronte, per decidere di cosa ha bisogno: è bene quindi diffidare dalle assunzioni in terapia affrettate, ad esempio per telefono o nei primi minuti del primo colloquio. Un terapeuta etico e competente avrà necessità di entrare in confidenza con il paziente. Al contrario egli dovrà assicurare al paziente il tempo necessario per avere un’idea seria di cosa si deve aspettare entrando in una psicoterapia;</span></div><br /><ul style="TEXT-ALIGN: justify"><br /><li><span style="font-family:georgia;">il terapeuta fornirà informazioni chiare ed esaurienti rispetto alle legittime richieste del paziente riguardo ai suoi titoli, alla natura della psicoterapia svolta, alla durata media dell’intervento (ribadendo con assoluta chiarezza che nel caso singolo previsioni non se ne possono fare), ai costi;</span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">il terapeuta garantirà una discrezione totale sulla psicoterapia del suo paziente […] </span></li><br /><li><span style="font-family:georgia;">il terapeuta illustrerà realisticamente i fini e i possibili risultati del suo metodo di trattamento, sgombrando il campo da facili entusiasmi o pretese miracolistiche.”</span></li></ul><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"><span style="font-family:georgia;">Queste interessanti e brevi indicazioni sono tratte dal libro: <span style="FONT-STYLE: italic; FONT-WEIGHT: bold">“Scegliere lo psicoterapeuta. Come e quando”</span>, di <span style="FONT-WEIGHT: bold">Michele Novellino</span>, Franco Angeli, Le Comete, 2002. Il volume è molto utile per chi vuole rivolgersi alla psicoterapia. Esso pone riflessioni su domande come: quand'è il caso di rivolgersi ad uno psicoterapeuta?; come orientarsi tra le diverse psicoterapie?; che cosa avviene in una seduta?; come si svolge il primo colloquio? etc. Inoltre, personalmente, ho trovato particolarmente interessante e costruttivo l'apporto di noti capiscuola della psicoterapia, ciascuno dei quali illustra, in capitoli separati, le caratteristiche principali del proprio metodo. </span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:0;"></span><span style="font-size:0;"></span></p>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6418390516728881502.post-79770964916428994532008-11-15T15:11:00.001-08:002011-04-16T14:03:34.478-07:00“Piccole riflessioni sulla crisi quale possibilità di cambiamento e crescita personale”<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-WKYsMoxNKE8_w9QnesxvKUOpYNrAq-RyH0ugzH1f3jBwoPD-HsCn7mmUiUdmBKQApRE7FmuTSlL13X4dh2L1EGmd-lfbJjAAVP5JLV3kq-FDfCR-3LLQUDBMvyWA2UqS-P5adSUQzi4y/s1600-h/chicco+di+grano.JPG"><img style="MARGIN: 0pt 0pt 10px 10px; WIDTH: 200px; FLOAT: right; HEIGHT: 150px; CURSOR: pointer" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5269041580374291538" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-WKYsMoxNKE8_w9QnesxvKUOpYNrAq-RyH0ugzH1f3jBwoPD-HsCn7mmUiUdmBKQApRE7FmuTSlL13X4dh2L1EGmd-lfbJjAAVP5JLV3kq-FDfCR-3LLQUDBMvyWA2UqS-P5adSUQzi4y/s200/chicco+di+grano.JPG" /></a> <span style="font-family:Verdana;"></span><i><span style="font-size:+0;"><span style="font-size:78%;"><span style="font-size:85%;"><span style="font-family:times new roman;"></span></span></span></span></i><br /><div style="TEXT-ALIGN: right"></div><br /><div style="TEXT-ALIGN: right"><br /><div style="TEXT-ALIGN: right"><span style="font-size:100%;"><span style="font-family:times new roman;"><span style="COLOR: rgb(153,51,153)">In verità, in verità vi dico:</span></span></span> </div><span style="COLOR: rgb(153,51,153);font-size:100%;" ><span style="font-family:times new roman;">se il chicco di grano</span> </span><span style="COLOR: rgb(153,51,153);font-size:100%;" ><span style="font-family:times new roman;">che cade nella terra non morrà,</span> </span><span style="COLOR: rgb(153,51,153);font-size:100%;" ><span style="font-family:times new roman;">resterà solo;</span> </span><span style="COLOR: rgb(153,51,153);font-size:100%;" ><span style="font-family:times new roman;">ma se morrà, darà molti frutti.</span> </span></div><br /><div style="TEXT-ALIGN: right; COLOR: rgb(153,51,153)"><span style="font-size:100%;"><i><span style="font-family:times new roman;">Vangelo secondo Giovanni, XII, 24 </span></i></span></div><i style="COLOR: rgb(153,51,153)"><span style="font-size:+0;"><span style="font-size:78%;"><span style="font-size:85%;"><span style="font-family:times new roman;"></span></span></span></span></i><br /><p style="COLOR: rgb(153,51,153); MARGIN-LEFT: 318.6pt" class="MsoNormal"></p><span style="COLOR: rgb(153,51,153)"></span><br /><p style="COLOR: rgb(153,51,153); MARGIN-LEFT: 318.6pt" class="MsoNormal"></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; COLOR: rgb(153,51,153); MARGIN-LEFT: 318.6pt" class="MsoNormal"><i><span style="font-size:+0;"><span style="font-size:78%;"><span style="font-size:+0;"></span></span><?xml:namespace prefix = o /><o:p></o:p></span></i></p><i style="COLOR: rgb(153,51,153)"><span style="font-size:+0;"><o:p></o:p></span></i><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;">Il termine crisi deriva dal greco κρινω che vuol dire <i>scegliere</i>, <i>decidere</i>, <i>separare</i>, <i>discriminare.</i> La crisi corrisponde al momento della scelta e implicitamente porta in sé l’idea di cambiamento, della trasformazione, del passaggio e quindi anche della possibilità di una crescita personale. </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"></span><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p><span style="font-size:100%;">Seppure scegliere può essere doloroso e per l’appunto vissuto come crisi, per crescere è necessario attuare una scelta. Nei momenti critici ci si può sentire lacerati, divisi in posizioni conflittuali, una parte di noi sembra volere andare in una direzione e l’altra in quella opposta ma per poter andare avanti è necessario separarsi da quello che non ci occorre più.</span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"></span><span style="font-size:100%;"><span style="font-size:+0;"></span><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p><span style="font-size:100%;">Riflettiamo su queste parole di Jaspers, per il quale la crisi è un <b>punto di passaggio</b> dove:</span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:85%;"><i style="FONT-WEIGHT: bold"></i></span></p><br /><blockquote><span style="font-size:100%;"><i style="FONT-WEIGHT: bold">“il tutto subisce un cambiamento subitaneo, dal quale l’individuo esce trasformato, sia dando origine a una nuova risoluzione, sia andando verso la decadenza. La storia della vita non segue il corso unitario del tempo, struttura il proprio tempo qualitativamente, spinge lo sviluppo delle esperienze a quell’estremo che rende inevitabile la decisione. Solo opponendosi allo sviluppo l’uomo può fare il vano tentativo di mantenersi nella posizione di dominare la decisione senza decidere. Poi la decisione avviene suo malgrado mediante la continuazione effettiva della vita. La crisi ha il suo momento non può essere anticipata né saltata. Deve, come tutte le cose della vita, maturare. Non deve apparire necessariamente in modo acuto come una catastrofe, ma può con un andamento silenzioso, apparentemente senza dare nell’occhio, compiersi per sempre in modo decisivo”</i> (Jaspers, 1964). </span></blockquote><span style="font-size:100%;"><span style="font-size:+0;"></span><o:p></o:p></span><br /><p></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p><span style="font-size:100%;">La crisi può assumere un significato positivo, quando si è capaci di vederla come l’espressione di un bisogno emergente, di un desiderio frustrato, di perdite e fallimenti da riconsiderare, di qualcosa che può essere cambiato secondo le nostre necessità attuali e che può tendere ad una spinta evolutiva e non ad un semplice momento di stasi e regressione. Se la crisi, invece, sfugge al controllo del soggetto, egli non riuscirà ad utilizzarla in maniera costruttiva per la propria crescita e si avvierà un cambiamento negativo.</span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><span style="font-size:100%;"></span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p><span style="font-size:100%;">Per Caplan (1961) la crisi è:</span></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: left;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><i>« uno stato che si verifica quando una persona si trova a fronteggiare un ostacolo che le impedisce il raggiungimento d’importanti obiettivi vitali; questo è, per un certo lasso di tempo, insormontabile tramite l’utilizzazione di metodi abituali di risoluzione di problemi. Ne consegue un periodo di disorganizzazione, un periodo di sconvolgimento, durante il quale sono fatti molti tentativi verso la risoluzione del problema, che però abortiscono. Alla fine è raggiunta una qualche forma d’adattamento, che può rivelarsi o meno come la soluzione più utile per la persona e per chi le sta vicino</i>».</span><span style="font-size:100%;"> </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;">L’autore, inoltre, individua un <b>processo di crisi</b> che suddivide nelle seguenti fasi sequenziali:</span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ></p><br /><ol style="MARGIN-TOP: 0cm;font-family:arial;" type="1" ><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:100%;">iniziale ascesa della tensione e messa in atto di abituali meccanismi di risoluzione dei problemi;<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:100%;">fallimento di queste strategie con un conseguente aumento della tensione al punto tale che l’individuo può sentirsi impotente e rassegnato;<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:100%;">messa in atto di nuove strategie, in quanto si possono prendere in considerazione nuovi aspetti del problema e strumenti non ancora sperimentati;<o:p></o:p></span></li><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:100%;">se vi è il fallimento di ogni tentativo, si determina un ulteriore aumento della tensione e, <span style="font-size:+0;"></span>dopo un periodo di circa 4-6 settimane, si assiste comunque alla manifestazione spontanea di una risposta, qualunque essa sia.</span></li></ol><span style="font-family:georgia;font-size:100%;"><o:p></o:p></span><span style="font-family:Verdana;font-size:100%;"><span style="font-size:+0;"></span></span><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p><span style="font-size:100%;">Dalla teoria della crisi di Caplan, sono state derivate tecniche che i professionisti adottano allo scopo di aiutare le persone a modificare stati d’animo, sentimenti, sintomi o comportamenti, considerati maladattativi e che hanno portato alla richiesta d’aiuto psicologico. In generale i professionisti aiuteranno la persona a gestire adeguatamente i sentimenti di rabbia, collera ed angoscia relativi alla crisi, aiutandola, in tal modo,</span><span style="font-size:100%;"> </span><span style="font-size:100%;">ad affrontare in maniera costruttiva la situazione critica.</span> <o:p></o:p></span></div><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><o:p></o:p></span><span style="font-size:100%;"><b></b></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><b>L’aiuto professionale</b></span><span style="font-size:100%;"><span style="font-size:+0;"> di intervento sulla crisi può essere delineato in due grandi aree:</span> </span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"></span><span style="font-size:100%;"><span style="font-size:+0;"></span><o:p></o:p></span></p><br /><ol style="MARGIN-TOP: 0cm;font-family:arial;" type="1" start="4" ><br /><ul style="MARGIN-TOP: 0cm" type="square"><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:georgia;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:100%;"><i>“<u>l’area dell’aiuto</u>, nella quale rientrano il counseling e tutte quelle professioni che con la relazione e con l’aiuto hanno a che fare, rivolta a quei momenti critici dell’esistenza che una persona relativamente sana può attraversare, caratterizzati dalla modificazione di un equilibrio precedentemente esistente e che possono necessitare di un aiuto o di un accompagnamento;</i></span></li></ul></ol><span style="font-size:100%;"><i></i></span><br /><ol style="MARGIN-TOP: 0cm;font-family:arial;" type="1" start="4" ><br /><ul style="MARGIN-TOP: 0cm" type="square"><br /><li style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-size:100%;"><i><u>l’area della psicoterapia</u></i><i>, per il trattamento degli aspetti psicopatologici della crisi, intesa come momento patologico caratterizzato dalla modificazione di uno stato di compenso e che necessita pertanto di un intervento specifico.”</i></span><span style="font-size:100%;"> (Fulcheri M., Cairo E., Torre E. 2005).<o:p></o:p></span></li></ul></ol><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:arial;" class="MsoNormal" ><span style="font-size:85%;"><b></b></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal" face="arial"><span style="font-size:85%;"><b>Bibliografia:<o:p></o:p></b></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify; FONT-FAMILY: arial" class="MsoNormal"><span style="font-size:85%;"><o:p></o:p>Jaspers K. (1913): <i>Psicopatologia generale</i>. Il Pensiero Scientifico, Roma (1964). <o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify;font-family:times new roman;" class="MsoNormal" ><span lang="EN-GB" style="font-size:85%;"><o:p></o:p>Caplan G. (1961): <i>An approch to community mental health</i>. <?xml:namespace prefix = st1 /><st1:state st="on"><st1:place st="on">New York</st1:place></st1:state>: Grunne & Stratton. <o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><span style="font-family:arial;font-size:85%;"><o:p></o:p>Fulcheri M. (2005): <i>Le attuali frontiere della psicologia clinica.</i> Centro Scientifico Editore, Torino. </span><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><span style="font-size:+0;"></span><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><o:p></o:p></span></p><br /><p style="TEXT-ALIGN: justify" class="MsoNormal"><span style="font-family:Verdana;"><o:p></o:p></span></p>Dr.ssa Angela D'Addario - Psicologa Psicoterapeutahttp://www.blogger.com/profile/17327781552732748208noreply@blogger.com0